mercoledì 10 febbraio 2016

"Discorso sopra l'Italia, patria mai nata" - Capitolo XV


DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi


- Capitolo XV -



Accadde che 'l Trattato de Versailles scontentò tutti e fu alla base della seconda apocalisse, che scoppiò propio perché se fece tutto pur de non farla scoppiare, co' francesi e inglesi che per paura d'una nôva guerra concedettero a uno folle d'invadere impudentemente Austria e Polonia. E 'n quanto a noi, le terre promesseci a Londra non arrivarono e l'esaltato principe pescarese1 coniò così 'l motto de la vittoria mutilata. Ah se avesse continuato a dedicarse alla poesia soltanto anziché 'nfiammar gli animi de' nôvi nazionalisti occupando Fiume.2
Accadde che nel '29 la crisi impoverì li popoli europei e li riempì di focolari di scontento.
Accadde che su que' focolari vi soffiò uno romagnolo che mise 'n moto 'l destino del mondo, che come un magnete attirò su di sé l'insoddisfazioni tutte, che riempì l'Italia di nôvi simboli d'un sol colore, che ammaliò le folle sguainando la mascella con false promesse de risorgimento, con falsi gesti e falso imperio. Che bardato a lutto s'aprì la strada tra i fori della Roma antica, drizzando 'l braccio a rievocar l'arcaico saluto e ponendose come un novello Cesare. Ave o italico duce de disgrazie! Ave a te o tragico impostore!
Giove capitolino lo guarda da l'olimpico Campidoglio mentre sfila a passo d'anatra co' sua 30.000 fasci a pigliar lo Stato3. Lo guarda mentre de comune accordo lo savoiardo Re4 glielo concede. Lo guarda e non fa motto quando du' anni dopo manda i sicari, investiti del potere d'Atropo5, a recidere lo stame del capo socialista Matteotti6. Et come disse Seneca: "Cui prodest scelus, is fecit".7
È finito 'l tempo degli dei, vecchi e nôvi. Codesto sarà 'l secolo delle bestie, d'anime impaludate nella fanga, dimentiche degli astri, che come porci smerdati sgraveranno idiozie nelle quali, sanza badar, affogheranno. Sarà 'l secolo de' tecnologici bruti ricurvi a terra, ciechi ne la ragione e muti ne la pietà, che ferventissimamente arderanno d'una fede asettica e metodica verso la blasfema e industrializzante ideologia de la morte, ch'arderà a sua volta le carni e l'ossa e gli spirti de li esseri umani rimasti. E le folle... oh le folle, le oceaniche folle d'Europa, di quell'Europa civilizzata da' romani e cristiana divenuta e umanistica fattasi donna, le folle della romantica Europa, riempiranno le piazze d'una orgiastica passione e plaudenti e al corrente delle fabbriche annienta-omini, tutti, a una sola voce, li commenderanno.
O qual vergogna subisti da colui che ti levò la turrita corona8, per tenerla pria per sé solo e poi per gettarla a' piè d'un pazzo germano? Qual vergogna t'insudiciò lo scettro o dolce Esperia?9 Qual fu più grande di quella che ti vide al fianco de' più terribili carnefici dell'omo? Ben provide Natura al nostro stato, quando de l’Alpi schermo pose fra noi et la tedesca rabbia10ma lo pitbull romagnolo che tanto amava sparlar de Dante, non considerò mai Petrarca e te mise come ridicola alleata al servizio propio de' tedeschi o meglio a bàlia, imperocché tanto maldestra quanto impreparata, fosti più un peso pel crudel crucco, ch'altro. E li tuoi figli? Sciaurati che mai non fûr vivi!11 Per vent'anni sottostarono da che esperienzia ebbero ammassata ne' secoli addietro, indove come belanti pecore, or quinci or quindi, al despota di turno con 'gnavia politica acconsentivano. Sciocche e irrecuperabili masse che trucidaste il Nazzareno, a quando piglierete coscienza dello scempio? Vili et esecrande masse, d'allora non maturaste ingegno alcuno!






1.  Gabriele D'Annunzio (Pescara, 12 marzo 1863 Gardone Riviera, 1º marzo 1938) dal 1924 Principe di Montenevoso. Fu uno scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico e giornalista italiano, simbolo del Decadentismo e celebre figura della prima guerra mondiale. In seguito al Trattato di Versailles che scontentò l'Italia, coniò la locuzione di “Vittoria mutilata” in riferimento ai territori promessi e non concessi al nostro paese. Proprio a tal motivo si fece portabandiera delle terre irredenti ed occupò militarmente Fiume. Soprannominato il Vate, cioè "il profeta", fu cantore dell'Italia umbertina e occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924, venendo così celebrato dal nascente fascismo a cui aderì e di cui divenne simbolo, pur se i rapporti con tale movimento rimasero controversi nel tempo.
 
2.  L'impresa di Fiume consistette nella ribellione di alcuni reparti del Regio Esercito (circa 2600 uomini tra fanteria e artiglieria) al fine di occupare la città adriatica di Fiume, contesa tra l'Italia e il neonato Regno di Jugoslavia. Organizzata da un fronte politico a prevalenza nazionalista e guidata dal poeta Gabriele d'Annunzio, la spedizione raggiunse Fiume il 12 settembre 1919, proclamandone l'annessione al Regno d'Italia. L'occupazione dei "legionari" dannunziani durò 16 mesi con alterne vicende, tra cui la proclamazione della Reggenza Italiana del Carnaro. Avendo lo scopo di influire sulla Conferenza internazionale della pace, l'Impresa fiumana raggiunse l'epilogo con l'approvazione del Trattato di Rapallo. L'opposizione dei dannunziani all'applicazione del trattato portò il governo Giolitti ad intervenire con la forza, sgombrando Fiume durante le giornate del Natale 1920.


3.  Si fa qui riferimento alla celebre marcia su Roma, la manifestazione armata organizzata dal Partito Nazionale Fascista, guidato da Benito Mussolini, il cui successo ebbe come conseguenza l'ascesa al potere del partito stesso in Italia. Il 28 ottobre 1922, alcune decine di migliaia di militanti fascisti si diressero sulla capitale rivendicando dal sovrano la guida politica del Regno d'Italia e minacciando, in caso contrario, la presa del potere con la violenza. Negli anni immediatamente successivi, questo evento venne celebrato come il prologo della "rivoluzione mussoliniana” e il suo anniversario divenne il punto di riferimento per il conto degli anni secondo l'era fascista.

4.  Vittorio Emanuele III (Napoli, 11 novembre 1869 – Alessandria d'Egitto, 28 dicembre 1947) ultimo Re d'Italia (dal 1900 al 1946), succedette al padre Umberto I di Savoia. Dopo la marcia su Roma affidò il governo a Mussolini divenendo così un fantoccio del regime, privato d'ogni potere. Scappato da Roma dopo l'armistizio di Cassabile con gli alleati, lasciando così la capitale alla mercé dei tedeschi, morì esule nel 1947 ad Alessandria d'Egitto.

5.  Una delle tre Parche (divinità greche che presiedevano il Fato, su cui neppure Zeus aveva controllo) che intessevano lo stame della vita di ogni essere umano. Clòto, la tessitrice che dava il via alla nascita, Làchesi che svolgeva sul fuso lo stame della vita, decidendone la lunghezza e il destino e infine Atropo che inesorabile, con le cesoie recideva il filo, sancendo la morte.

6.  Giacomo Matteotti (Fratta Polesine, 22 maggio 1885 – Roma, 10 giugno 1924) è stato un politico, giornalista e antifascista italiano, segretario del Partito Socialista Unitario, formazione nata da una scissione del Partito Socialista Italiano. Fu rapito e assassinato da una squadra fascista capeggiata da Amerigo Dumini, per volontà quasi certa di Benito Mussolini, a causa delle sue denunce dei brogli elettorali attuati dalla nascente dittatura nelle elezioni del 6 aprile 1924, e delle sue indagini sulla corruzione del governo, in particolare nella vicenda delle tangenti della concessione petrolifera alla Sinclair Oil. Matteotti, nel giorno del suo omicidio avrebbe dovuto infatti presentare un nuovo discorso alla Camera dei deputati in cui avrebbe rivelato le sue scoperte riguardanti lo scandalo finanziario coinvolgente anche Arnaldo Mussolini, fratello del duce. Il corpo di Matteotti fu ritrovato circa due mesi dopo. In seguito, durante la Resistenza Italiana il PSI costituì le Brigate Matteotti, che ebbero tra le loro file, come dirigente, Sandro Pertini, già compagno di lotta del deputato veneto.

7.  Cioè: "Colui al quale il delitto porta giovamento, quello ne è l'autore" (Lucio Anneo Seneca, Medea, III, vv. 500-501)

8.  Nella personificazione nazionale dell'Italia, la corona turrita è una corona muraria con relative torri indossata da una giovane donna. Questa rappresentazione allegorica, che è tipica dell'araldica civica italiana, soprattutto di quella relativa ai comuni medioevali, trae le sue origini dall'antica Roma e prima ancora dalla dea anatolica Cibele che così veniva raffigurata.


9.  “Esperia” è il nome con cui nell'antichità veniva identificata l'Italia. Il nome derivava dalla radice greca “hespera” cioè “occidente” e in riferimento al tramonto e dunque alla sera, era il nome della personificazione del pianeta Venere nella mitologia greca.

10.  Francesco Petrarca, Canzoniere, CXXVIII, vv. 33-35

11.  Dante Alighieri, Inferno, Canto III, v. 64