INDAGINE IN 7 ATTI SUL PECCATO ORIGINALE
IN LINGUA ORIGINALE
di
Michele Filipponi
- Atto terzo -
La cosa meravigliosa è che in questo punto cruciale della storia, dopo che i due hanno mangiato il frutto e si coprono con le foglie di fico, la Bibbia inserisce qui una delle immagini più poetiche e affascinanti del libro. In quel momento infatti è scritto che Adamo ed Eva “odono il suono di Dio che sta passeggiando nel giardino alla brezza del giorno”. Non ricapiterà mai più nella Bibbia d'incontrare un'immagine così umanizzata di Dio. Dio cammina nel proprio giardino, è uomo, ha i piedi e sente la brezza del giorno, dunque ha una pelle. I suoi passi fanno rumore e i due esseri umani, per vergogna della propria nudità si nascondono fra gli alberi. Dio allora chiamando l'uomo dice: “Dove sei tu?” Il lettore di solito non fa caso all'importanza di questa domanda, passa inosservata nel racconto. Ma come “dove sei”? Che Dio è un Dio che chiede “dove sei?” Come può non saperlo?
Nel libro dell'Esodo (in ebraico "Shemot - Nomi") quando Mosè chiederà a Dio di mostrargli la sua gloria, il Signore risponderà lui che per vederla dovrà andare su una roccia, “in un luogo - dirà il Creatore- che è presso di me”. Dunque da questo verso emerge che non è Dio a stare presso un luogo ma il contrario. Come se Dio si fosse contratto per far posto al mondo, come un esilio volontario che fa supporre che prima della creazione ogni luogo fosse dentro di lui e non presso. Ma qui, nell'Eden, Dio ha perso di vista l'uomo, non sa dove sia finito. Da dopo la cacciata dal paradiso terrestre non sfuggirà più nulla a questo Dio nel corso della storia sacra, nemmeno il sorriso di Sara, la moglie sterile d'Abramo, che aveva riso quando il Signore aveva annunciato al marito, che lei anche se vecchia, avrebbe partorito un figlio, Isacco. Sara credendo impossibile la cosa rise fra sé, ma per timore di Dio negò d'averlo fatto. “No, non ho riso!” dirà lei impaurita. “Si, hai proprio riso” risponderà Lui. Eppure qui Dio chiede “dove sei?”, è uomo fra gli uomini, sentiamo il suo peso, il rumore dei suoi passi, il suo respiro. Nell'Eden Egli sembra al pari delle sue creature, se le gode faccia a faccia, le accarezza, chiama Adamo come farebbe un qualsiasi comune mortale che ha perso di vista un amico. “Dove sei?” non è una domanda retorica, come quella che farà a Caino (“Cosa facesti?”), Dio non sa davvero dove siano finiti Adamo e sua moglie, allora i due escono da dietro agli alberi e l'uomo risponde: “Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto” e a conferma di tutto quanto detto nei precedenti capitoli, Dio dice lui: “Chi ti raccontò di essere nudo? Forse mangiasti dall'albero di cui ti avevo detto di non mangiare?”. Appunto, Dio ha già capito tutto, Adamo non può sapere d'essere nudo, se lo sa è perché ha còlto il frutto. L'uomo spiega la situazione dicendo che è stata la donna a passarglielo e lui l'ha mangiato. Ma in questo passo non c'è un voler incolpare la moglie, semplicemente illustra a un Dio che non ha visto, come si sono svolti i fatti. Attenzione, non è che Dio non sapesse che i due avrebbero mangiato dall'albero, Dio in quanto tale non può non saperlo (l'albero infondo è messo lì apposta), ma la scena descritta nella Bibbia ci restituisce l'immagine di un Dio come assorto, che passeggia spensierato nel suo paradiso terrestre. Boezio, nella sua Consolatio Philosophiae, diceva: "Il Creatore vive in un eterno presente", un presente che non viene mai meno, dunque conosce ogni cosa passata e futura nel momento in cui questa accade, che per lui è sempre "adesso". Per questo non è escluso che possa stupirsene. Dio sa che il giorno in cui Eva coglierà la mela dovrà arrivare e che quel giorno è oggi, ma è rapito a tal punto dalla meraviglia del suo creato che pare dimenticarsene. Si gode il ponentino, l'armonia degli elementi, è felice e non sa dov'è Adamo. Pare un uomo qualunque eppure è un Dio. Un Dio che però si desta e in un attimo torna in sé, Adamo sa d'essere nudo, quel giorno è arrivato. Allora volge lo sguardo ad Eva e chiede: “Cos'è questo che facesti?”. È più o meno la stessa identica domanda che porrà a Caino, con la differenza che verso la donna non c'è retorica e non c'è ira, infatti si tratta di una domanda secca, Dio vuole sapere la versione di Eva, mentre con Caino la domanda verrà subito seguita da un'affermazione densa di rabbia (“Che hai fatto? La voce dei sangui di tuo fratello gridanti a me dal suolo!”). Dice Eva: “Il serpente mi ingannò e io mangiai”. Che meraviglia questa donna! Eva non si nasconde, è audace, non fa la finta tonta di fronte a Dio come farà suo figlio Caino (“Sono forse io il custode di mio fratello?”). Ha appena violato l'ordine divino ed ora ammette la sua colpa. Alla prima decisione della storia umana segue la prima ammissione di responsabilità. No, la donna non è come l'uomo. L'uomo si nasconde portando con sé la moglie, sfugge alla vista di Dio, la donna al contrario, si rivela, s'offre al giudizio del Padre. Il frutto le ha spalancato gli occhi, le porte della conoscenza, per questo nella sua risposta non c'è solo un'ammissione di colpa ma pure un giudizio. Ora e solo ora può rendersi conto che il serpente l'ha ingannata. Lei non si sente “come Dio” perché adesso sa cos'è un Dio. Con questa risposta Eva è diventata un vero essere umano e non se ne è accorta. Non carpisce a pieno il cambiamento che c'è stato e che emerge già di per sé nella sua risposta. Eva “discerne, capisce” che è stata ingannata. Non avrebbe potuto farlo prima. Ma in realtà il serpente, il nemico di Dio, non l'ha completamente ingannata. Più avanti sarà lo stesso Creatore ad ammetterlo, in una frase misteriosamente impostata al plurale in cui qualcuno ha intravisto non a torto un annuncio della trinità. È scritto: “E disse il Signore Dio: «Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male»". Il serpente dunque almeno su questo punto aveva ragione. Nella sua frase c'era una verità e una menzogna, perché l'uomo ora dovrà davvero morire, ma non è stato il rischio ad ingolosire Eva, bensì il desiderio di capire, questo è stato il vero movente: la curiosità verso la conoscenza, quell'albero “desiderabile per capire”. Il frutto di cognizione che millenni dopo, attratto dalla gravità, sarebbe piombato in testa a Newton, ora ispira un percorso inverso. È còlto da Eva per un'attrazione verso il cielo. È una gravità al contrario. Ascendente.