DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi
- Capitolo XIII -
Perdona mia Patria, o dolce continente de la semenza umana, perdona lor che umani con te non furono e ben sapean quel che faceano sterminando ogn'essere vivente. Ma tu, germoglio dell'umano intelletto, saprai discerner 'l peccator da la su' culla... ché le canaglie non han Patria, se non lo Inferno come nazion futura. E all'Inferno, impunite bestie in Terra, immerse nel Flegetonte[1] fino a li occhi, sconteranno in etterno la lor pena, sanza indulti togliattiani o azariani[2] a far da grazia; lo mostro Graziani[3] e Badoglio[4] e Roatta e Giunta e Pirzio Biroli[5] e tant'altri, trafitti da' Centauri sotto 'l sanguigno fiume, saranno assieme a quei che insabbiaron fatti e volutamente non fecer giustizia anzitempo 'n Terra, per sempre.
Lascio 'l destino infernal de lo falso Duce a tempo debito più avante, non dubitar Italia mia, ch'io non dimentico.
Ma pria vi fu guerra grande. Lo più immenso e stupido conflitto della storia, lo primo a cui partecipò 'l mondo intero, per mire espansionistiche de potenze europee e per affari, soprattutto affari, ignobili e sporchi affari, corsero le nazioni tutte al riarmo e l'industria de la guerra accecata dal profitto soffiò sul fòco, così 'l Kaiser Guglielmo[6], spodestato Bismarck[7] non perse tempo e ruppe i già fragili equilibri che questi creò con fatica e seminò zizzania. Finché l'erede d'Austria[8] non venne impallinato co' la su' moglie in Serbia, lui che impallinò 'l camoscio albino e che secondo leggenda salisburghese non spetta all'uccisor po' ch'un solo anno. Leggenda s'armò di pistola 'l 28 giugno a Sarajevo e mantenne parola così ch'a lo regnante Umberto ne seguì uno nòvo, come a Gaetano seguì Gavrilo 'l serbo[9]. Du' regicidi europei in 14 anni. E codest'ultimo 'n particolare cadde a fagiolo per l'ipocrite nazioni ch'ebbero finalmente 'l loro casus belli. Era l'alba de lo scontro. E guerra fu, come fu luce un tempo, luce ch'iddio or spenge.
Fa la ninna Italia bella, che se dormi nun vedrai, tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno[10]. Ma dormisti solo un anno, 'tacci tua e de tu nonno!
Imperocché nel '15 segretamente a Londra firmaron patto affinché scendesti sul campo di battaglia, ancora una volta da la parte opposta a quella in cui t'avean schierata. Allo scoppio de lo conflitto difatti, legata ancor alla Germania e all'Austria, co' le forze disposte in sostanziale equilibrio giocasti ruolo fondamentale, quando 'l governo Salandra in barba al Parlamento che volea restar neutrale, dopo aver ascoltato entrambe le fazioni 'n guerra, scelse de schierarte con quella ch'in cambio di vittoria t'avrebbe garantita la definitiva annessione de le terre irredenti del Trentino, del Tirolo, de la Venezia Giulia e parte della Dalmazia, che l'impero austro-ungarico giammai volea conceder. Fosti ago della bilancia in Europa e al tavolo di Londra, tanto per confermar nomea de voltafaccia, come 'n sorcio dibattuto tra du' formaggi, faceròltino rosicchiar quello francese, più bòno assai di qualità. È pur vero però che posizion neutrale non si puote mantener per sempre, imperocché come diceva Orazio: “Diventa affar tuo, quando la parete del vicino va a fuoco”.[11]
Lascio 'l destino infernal de lo falso Duce a tempo debito più avante, non dubitar Italia mia, ch'io non dimentico.
Ma pria vi fu guerra grande. Lo più immenso e stupido conflitto della storia, lo primo a cui partecipò 'l mondo intero, per mire espansionistiche de potenze europee e per affari, soprattutto affari, ignobili e sporchi affari, corsero le nazioni tutte al riarmo e l'industria de la guerra accecata dal profitto soffiò sul fòco, così 'l Kaiser Guglielmo[6], spodestato Bismarck[7] non perse tempo e ruppe i già fragili equilibri che questi creò con fatica e seminò zizzania. Finché l'erede d'Austria[8] non venne impallinato co' la su' moglie in Serbia, lui che impallinò 'l camoscio albino e che secondo leggenda salisburghese non spetta all'uccisor po' ch'un solo anno. Leggenda s'armò di pistola 'l 28 giugno a Sarajevo e mantenne parola così ch'a lo regnante Umberto ne seguì uno nòvo, come a Gaetano seguì Gavrilo 'l serbo[9]. Du' regicidi europei in 14 anni. E codest'ultimo 'n particolare cadde a fagiolo per l'ipocrite nazioni ch'ebbero finalmente 'l loro casus belli. Era l'alba de lo scontro. E guerra fu, come fu luce un tempo, luce ch'iddio or spenge.
Fa la ninna Italia bella, che se dormi nun vedrai, tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno[10]. Ma dormisti solo un anno, 'tacci tua e de tu nonno!
Imperocché nel '15 segretamente a Londra firmaron patto affinché scendesti sul campo di battaglia, ancora una volta da la parte opposta a quella in cui t'avean schierata. Allo scoppio de lo conflitto difatti, legata ancor alla Germania e all'Austria, co' le forze disposte in sostanziale equilibrio giocasti ruolo fondamentale, quando 'l governo Salandra in barba al Parlamento che volea restar neutrale, dopo aver ascoltato entrambe le fazioni 'n guerra, scelse de schierarte con quella ch'in cambio di vittoria t'avrebbe garantita la definitiva annessione de le terre irredenti del Trentino, del Tirolo, de la Venezia Giulia e parte della Dalmazia, che l'impero austro-ungarico giammai volea conceder. Fosti ago della bilancia in Europa e al tavolo di Londra, tanto per confermar nomea de voltafaccia, come 'n sorcio dibattuto tra du' formaggi, faceròltino rosicchiar quello francese, più bòno assai di qualità. È pur vero però che posizion neutrale non si puote mantener per sempre, imperocché come diceva Orazio: “Diventa affar tuo, quando la parete del vicino va a fuoco”.[11]
Indi
sancì definitiva vittoria lo solito ingresso de li americani, a
cui 'l progresso tecnologico servì soltanto per giugnere a far
guerre più distanti, storicamente inabituati alla pace e smaniosi de
potere, annusaron potenziali affari e come sempre di lì in avanti,
assunsero ruolo de sceriffo arrogante
de lo
mondo; come
in
uno
di que'
loro
futuri film western che
po' si vederanno, ove
Jack Palace armato de rivoltella getta l'altra pistola a' piedi de
lo
pastor de capre, intimandoglie de raccattalla con far da bullo,
mentre l'altro impaurito et innocente tentenna. E quando questi
non sapendo com'uscirne fa per chinasse contro
su'
voglia, lo malo sceriffo 'l fredda et
esclama al pubblico:
“L'avete visto tutti...
aveva una pistola”. Codesto
gliè
l'atteggiamento de lo Zio
Sam,
tanto
allora com'oggi,
esplicato
ne la perfetta similitudo de lo comico texano[12] che ben vide avante quando lo figlio de Bush eguagliò 'l padre.
1.
Il Flegetonte è uno dei fiumi che scorrono
nell'Ade, l'oltretomba nella mitologia greca. Verrà ripreso da Dante
nell'Inferno, collocandolo
nel VII cerchio, quello dei violenti contro il prossimo. Nel fiume di
sangue bollente infatti sono tuffati più o meno in profondità a
seconda della loro colpa i dannati (tiranni fino agli occhi, omicidi
fino al collo, predoni fino al petto, ladroni solo con i piedi) e
colpiti con frecce dai Centauri.
2.
L'amnistia
Togliatti fu un provvedimento di condono delle pene
proposto dall'allora ministro di grazia e giustizia Palmiro
Togliatti, approvato dal governo italiano nel 1946. L'amnistia
comprendeva i reati comuni e politici, compresi quelli di
collaborazionismo con il nemico e reati annessi ivi compreso il
concorso in omicidio, pene allora punibili fino ad un massimo di
cinque anni, i reati commessi al Sud dopo l'8 settembre 1943 e
l'inizio dell'occupazione militare Alleata al Centro e al Nord ed
aveva efficacia per i reati commessi a tutto il giorno 18 giugno
1946. Fu aspramente criticato dall'associaziosimo partigiano
provocando numerose proteste e scioperi. Nel settembre del 1953 il governo Pella
approvò un nuovo indulto e l'amnistia proposti dal guardasigilli
Antonio Azara per tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno
1948. Furono compresi in questa seconda amnistia i reati commessi nel
secondo dopoguerra italiano, arrivando a oltre tre anni dalla fine
della guerra.
3.
Rodolfo Graziani (Filettino, 11 agosto 1882 –
Roma, 11 gennaio 1955), fu un importantissimo gerarca del fascismo
italiano nonché uno dei criminali di guerra più spietati. Operò
nella guerre coloniali italiane: nella riconquista della Libia
(1921-1931) e durante la Guerra d'Etiopia e nella successiva
repressione della guerriglia abissina (1935-1937). Durante la seconda
guerra mondiale divenne governatore della Libia ma venne duramente
sconfitto dall'esercito britannico (1940-1941) e sostituito. Dopo un
periodo di ritiro accettò da Mussolini l'incarico, nella costituenda
Repubblica Sociale Italiana, di Ministro della Guerra che mantenne
fino al crollo finale del 1945, prendendo parte alla lotta contro la
Resistenza italiana. Inserito dall'ONU nella lista dei criminali di
guerra (per l'uso di gas tossici, bombardamenti degli ospedali della
Croce Rossa e stragi efferate di civili che spacciò per
rappresaglie) su richiesta dell'Etiopia, fu processato a Roma e
condannato a 19 anni di carcere per collaborazionismo, ma scontati
quattro mesi fu scarcerato. Si iscrisse nel 1952 al MSI e morì
sempre a Roma divenendo un simbolo dell'estrema destra italiana.
4.
Pietro Badoglio (Grazzano Monferrato, 28
settembre 1871 – Grazzano Badoglio, 1º novembre 1956) fu un
gerarca del fascismo italiano, maresciallo d'Italia ed in seguito
alla deposizione di Mussolini, Capo del Governo dal 25 luglio 1943
all'8 giugno 1944, firmò l'armistizio di Cassabile. Vicerè
d'Etiopia nel 1936, compì numerosi stragi di civili con l'utilizzo
dei gas all'iprite e con i bombardamenti sugli ospedali della Croce
Rossa, venne per questo inserito nella lista dei criminali di guerra
su richiesta dell'Etiopia, senza però essere mai processato.
L'Italia infatti riuscì a ottenere dagli alleati il compito di
provvedere direttamente al giudizio di tutti i presunti criminali,
individuati dalla Commissione ONU ma quando la Commissione
d'inchiesta italiana cominciò i lavori (che, peraltro si conclusero
con l'archiviazione delle posizioni di tutti gli accusati) il nome di
Badoglio non compariva già più in nessun elenco. Rientrato in
patria dopo la liberazione, morì nel 1956 per asma cardiaca e i suoi
funerali si svolsero con la partecipazione dei rappresentanti del
Governo, delle Autorità e con tutti gli onori militari.
5.
Mario Roatta (Modena, 2 gennaio 1887 – Roma,
7 gennaio 1968) fu un generale fascista italiano e criminale di
guerra. Nel 1942 in qualità di comandante dell'esercito nella
provincia di Lubiana in Jugoslavia fu autore di rappresaglie
barbariche, incendi di villaggi, fucilazioni sommarie, internamenti e
stragi di ogni tipo, del tutto simili a quelle impartite dai
comandati tedeschi. Emanò inoltre ordini espliciti: “Se
necessario, non rifuggire da usare crudeltà. Deve essere una pulizia
completa. Abbiamo bisogno di internare tutti gli abitanti e mettere
le famiglie italiane al loro posto”. Inizialmente
arrestato alla fine della guerra, evase il giorno prima del processo
in primo grado che lo condannò all'ergastolo per la mancata difesa
di Roma e per le attività illegali del SIM, dall'ospedale militare
con l'aiuto di complici, raggiungendo prima il Vaticano e poi la
Spagna, dove fu protetto dal governo di Francisco Franco. Fu assolto
da ogni accusa nel 1949, mentre non fu dato corso all'estradizione
richiesta dal governo jugoslavo in quanto poté giovarsi della
cosiddetta "amnistia Togliatti" del 1946, e di quella
definitiva del 1953 proposta dal guardasigilli Antonio Azara per
tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno 1948. Roatta
ritornò dalla Spagna solo nel 1966 e morì a Roma il 6 gennaio 1968.
Francesco
Giunta (San Piero a Sieve, 21 marzo 1887 – Perugia, 8 giugno
1971) fu segretario nazionale del Partito Fascista dal 13 ottobre del
1923 al 23 aprile del 1924. Autore nel 1920 a Trieste del primo vero
atto di squadrismo con l'incendio dell'Hotel Balcan e altre
devastazioni che causò diversi morti. Governatore della Dalmazia nel
1943, compì numerose stragi che gli valsero l'accusa da parte della
Jugoslavia di essere un criminale di guerra, richiedendone invano
all'Italia l'estradizione. Dopo la guerra, ricoprì altre cariche tra
le quali quella di Presidente di Roma Film e ricevette inoltre
numerosi titoli e onorificenze dal Papa, dal Re e da Capi di Stato
stranieri, tra i quali: Nobile dell'Ordine Piano, Conte di Fiume,
Cavaliere di Malta. Morì a Perugia nel 1971.
Alessandro
Pirzio Biroli (Campobasso, 23 luglio 1877 – Roma, 20 maggio
1962), fu un generale fascista italiano. Dopo aver partecipato come
comandante alla guerra d'Etiopia, divenne dal 1941 al 1943
Governatore del Montenegro, dove compì crimini di guerra contro le
popolazioni, arrivando perfino ad ordinare che per ogni soldato
ucciso venissero fucilate 50 persone. Biroli invitò i suoi uomini ad
imitare i feroci metodi tedeschi e mise per iscritto in un opuscolo:
“Ammazzate, fucilate, incendiate e distruggete questo popolo”.
Per la sua opera ricevette da Adolf Hitler l'onorificenza dell'ordine
della Gran Croce dell'Aquila Tedesca con spada come «massimo
riconoscimento delle sue splendide qualità militari e organizzative,
dimostrate in numerose circostanze durante la guerra d'Abissinia e
ultimamente nella campagna di Grecia e del Montenegro». Morì a
Roma nel 1962 senza essere mai incriminato, né messo sotto processo.
6.
Guglielmo II
di Prussia e Germania, detto più semplicemente Il Kaiser
(Berlino, 27 gennaio 1859 – Doorn, 4 giugno 1941) fu il terzo e
ultimo imperatore della Germania e l'ultimo re di Prussia. Rimase sul
trono con entrambi i titoli dal 1888 al 1918. Decisamente
conservatore, convinto sostenitore del militarismo e della tradizione
monarchica prussiana, il suo regno fu contraddistinto dal riarmo,
soprattutto navale e da una politica estera che portò la Germania ad
allontanarsi sempre di più dalle posizioni della Triplice Intesa
di Francia, Gran Bretagna e Russia. Guglielmo II abbandonò il
sistema bismarckiano e attuò una politica estera contraddittoria
accompagnata da iniziative personali. Per l’appoggio dato
all’Austria nella sua politica nei Balcani e per l'assenso dato
all'apertura delle ostilità della Germania contro la Russia nel
1914, è considerato fra i principali responsabili dello scoppio
della prima guerra mondiale. Dopo la sconfitta fu costretto a vivere
in esilio in Olanda.
7.
Otto Eduard
Leopold von Bismarck-Schönhausen (Schönhausen, 1º aprile
1815 – Friedrichsruh, 30 luglio 1898) è stato un politico tedesco.
Fu Primo ministro della Prussia dal 1862 al 1890. Nel 1867 divenne il
capo del governo della Confederazione Tedesca del Nord. Nel 1871 fu
l'artefice della nascita dell'Impero tedesco, divenendone il primo
Cancelliere. Benché promotore di riforme in campo assistenziale, fu
avversario dei socialisti. In politica estera, dopo il 1878 creò un
sistema di alleanze che, determinando un equilibrio di forze in
Europa, riuscì a isolare la Francia e a contenere le dispute fra
Austria e Russia, e fra Austria e Italia. Bismarck portò inoltre la
Germania a primeggiare con la Gran Bretagna in campo economico e a
divenire la prima potenza militare del continente. Fu anche detto "il
Cancelliere di Ferro".
8.
Francesco
Ferdinando Carlo Luigi Giuseppe d'Austria Este (Graz, 18
dicembre 1863 – Sarajevo, 28 giugno 1914) , fu arciduca della
dinastia degli Asburgo in Austria ed erede al trono austro-ungarico.
Il suo assassinio da parte di Gavrilo Princip (membro
dell'organizzazione politico-rivoluzionaria Giovane Bosnia) il
28 giugno 1914 a Sarajevo, città della Bosnia ed Erzegovina annessa
all'Austria, avvenuto assieme alla moglie Sofia duchessa di Hohenberg
è considerato la causa scatenante della dichiarazione di guerra
dell'Austria alla Serbia e quindi come causa principale dello scoppio
della prima guerra mondiale.
9.
Viene qui accostato all'attentato di Sarajevo
del 1914 di Gavrilo Princip sul futuro regnante Francesco Ferdinando,
il regicidio di Umberto I di Savoia Re d'italia, avvenuto a Monza 14
anni prima, il 19 giugno del 1900 per mano dell'anarchico Gaetano
Bresci, il quale fu poi condannato all'ergastolo nel carcere di Santo
Stefano ove trovò la morte l'anno seguente in circostante mai
chiarite, appeso per il collo mediante un lenzuolo. Umberto I di
Savoia, sebbene soprannominato Re Buono per
l'impegno che profuse nei soccorsi contro l'epidemia di colera a
Napoli, fu aspramente
avversato per il suo duro conservatorismo, il suo indiretto
coinvolgimento nello scandalo della Banca Romana, l'avallo alle
repressioni dei moti popolari del 1898 e l'onorificenza concessa al
generale Fiorenzo Bava Beccaris per la sanguinosa azione di
soffocamento delle manifestazioni del maggio dello stesso anno a
Milano, azioni e condotte politiche che gli costarono altri due
attentati da parte di anarchici prima di quello fatale. Il
primo di Giovanni Passannante nel 1878 e il secondo di Pietro
Acciarito nel 1897, entrambi poi morti in carcere dopo una prigionia
spietata che li portò alla follia.
10.
Trilussa, pseudonimo anagrammatico di Carlo
Alberto Camillo Mariano Salustri (Roma, 26 ottobre 1871 –
Roma, 21 dicembre 1950) fu il più celebre poeta in dialetto
romanesco assieme a Giochino Belli, del quale si può considerare
l'erede. Si fa qui riferimento alla famosa poesia del 1914 intitolata
“La ninna nanna de la guerra”, versi 11-14 lievemente
rivisitati.
11.
Quinto Orazio Flacco (Venosa, 8 dicembre 65
a.C. – Roma, 27 novembre 8 a.C.) è stato un poeta romano.
Considerato uno dei maggiori poeti dell'età antica, nonché maestro
di eleganza stilistica e dotato di inusuale ironia, seppe affrontare
le vicissitudini politiche e civili del suo tempo da placido epicureo
amante dei piaceri della vita, dettando quelli che per molti sono
ancora i canoni dell'ars vivendi. La frase in questione è
tratta dalle Epistole (I,18,
84) ed è la traduzione in
italiano dell'originale latina: “Nam tua res agitur,
paries quum proximus ardet”.
12.
Bill Hicks (Valdosta, 16 dicembre 1961 –
Little Rock, 26 febbraio 1994) è stato uno dei più grandi comici
statunitensi. Il paragone in questione, che vede la politica estera
americana accostata all'atteggiamento prepotente del pistolero del
film “Il cavaliere della valle solitaria” interpretato da
Jack Palace, è tratto dallo spettacolo “Revelation” del
1993, dove Hicks accusa ferocemente gli Stati Uniti di armare il
mondo per poi mandare truppe a distruggere quegli stessi popoli da
loro armati, con un atteggiamento che il satiro definì “da
bulli del mondo”.