venerdì 27 novembre 2015

"Discorso sopra l'Italia, patria mai nata" - Capitolo XIV


DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi


- Capitolo XIV -

 
Ma al tempo de discorsi nostri, ruppe l'indugi 'l presidente Wilson[1], protagonista al termine de lo conflitto del Trattato di Versailles[2] e pria de lo intervento armato, in guerra che vide morti oltre ogne misura, concimar campi per anni ove sanguine d'ogne razza andava sperso 'n terra et in fiori subitamente estirpati da nôve trincee scavate da' vivi. Soldati a li ordini, ignoranti, per lo più analfabeti, soldati che se scanna per un matto che comanna[3], soldati che de vanga lavorano a scavarse la fossa, soldati marionetta, soldati Charlot[4], omini vivi in mezzo a' morti, che passan dì a non viver attendendo lo respiro ultimo, sanza nemmanco accorgerse d'esser già più d'un metro sotterra.
Codesto fu lo scenario de Grande Guerra che per li Italiani ebbe azione de primo legame. Paradossalmente difatti, fu proprio la guerra, la prima combattuta dopo 'l Risorgimento, a riunire sotto l'istessa divisa, per la prima volta dal tempo de l'antica Roma, tutti li popoli italici che pria per secoli se mossero guerra. Evento d'incontro tra sud e nord, tra piemontesi e siciliani, tra napoletani e veneti che combatterono al fianco et andando a morir assieme divenivan popolo, sovra li cadaveri de li compagni. Popolo, per quanto possibile in codest'etnico mescuglio.
Quale amara fine... e qual buffo inizio. Non v'è niente de più similare alla morte che la guerra, niente de più sinonimo, imperocché tanto di fronte all'una che all'altra siam effettivamente tutti eguali. Tutti fratelli, sanza distinzion alcuna. Et invero perirono assieme non solo uomini di carattere diverso o di diversa idea o geograficamente opposti, ma puro de differente classe sociale. Fu anche qui n
ôva cosa, che intellettuali e contadini, aristocratici e operai, mercatanti e artisti, cadevano l'uno sul grembo dell'altro, azzerando discrepanze come 'a livella de Totò[5]. E codardi morivano da eroi, scoprendo lor patria punti nell'orgoglio d'uno straniero che li vedêa sol come magnoni de' fegato alla veneziana con cipolle, come espressione geografica[6] et insensatezza de popolo e per codesto perirono da nôvi italiani, fatti da zero, d'una sola bandiera, all'istesso modo con cui seguitamente Monicelli li ritrasse su pellicula[7].
Mai tremaron sì forte l'Alpi, che quasi Natura temette per loro, quando cariche d'esplosivo venian fatte schioppare da italiani e austriaci che per distruggerse se distruggean distruggendo. Lagrime de roccia zampillavano da' monti e sotto que' macigni annegavan li soldati tutti che de lagrime ancor più pesanti avrebber fatto poi annegar le lor famiglie.
Oh... qual triste e acquatico circolo vizioso, sapendo che quelle istesse famiglie per consolasse avrebber messo al mondo n
ôvi figli per nôve guerre.
Accadde così che squassato di bombe, 'l confine natural nostro assistea al ridiculo spettacolo, trasformato in groviera e vide la disfatta a Caporetto de Cadorna e lo sfondamento de Diaz sul Piave che liberò Vittorio Veneto e te consegnò Trento e Trieste
[8].
Accadde che i vincitori addossaron tutte le colpe ai vinti, che vennero puniti oltre misura, perdendo parte de' territori, della potenza bellica e imponendoglie un debito per danni de guerra insaldabile sin dal principio, che avrebbe impedito lor qualsiasi margine de crescita economica. La Germania avea sì grandi colpe ma la vendetta non dovea esser la su' pena, perocché da tali imposizioni germogliaron come gran di spelta
[9] l'ideali maligni d'un pittor fallito[10].




1.  Thomas Woodrow Wilson (Staunton, 28 dicembre 1856 – Washington, 3 febbraio 1924) fu il 28º presidente degli Stati Uniti e il secondo appartenente ai Democratici a diventarlo per due mandati (in carica dal 1913 al 1921). Vinse il Nobel per la pace nel 1919 per il suo operato durante il Trattato di Versailles in cui propose di applicare il così detto "diritto all'autodeterminazione" per ogni popolo, inteso come comunità etnica: secondo tale principio infatti ogni etnia doveva avere il suo stato nazionale. Ma Wilson con la sua politica creò pure il più cupo periodo di razzismo nella storia degli Stati Uniti, simpatizzando per il Ku Klux Klan e istituendo la segregazione razziale nel governo federale, per la prima volta da quando Abraham Lincoln iniziò la desegregazione nel 1863, e richiese fotografie dai candidati per posti di lavoro, per determinare la loro razza. Oltre a ciò ebbe un atteggiamento sospettoso per quelli da lui chiamati “Americani col trattino” (ossia tedeschi-americani, irlandesi-americani, etc.) dicendo di essi: «Ogni uomo che porta con sé un trattino, porta un pugnale che è pronto ad affondare nelle parti vitali di questa Repubblica ogni volta possibile».

2.   Il Trattato di Versailles fu uno dei trattati di pace che pose ufficialmente fine alla prima guerra mondiale. Stipulato nell'ambito della Conferenza di pace di Parigi del 1919-1920 e firmato da 44 Stati il 28 giugno 1919 a Versailles, in Francia, impose alla Germania sconfitta pesantissime punizioni sul piano morale ed economico, mentre gli Stati Uniti non ratificarono mai il trattato restando perciò fuori dalla Società delle Nazioni e negoziando una pace separata con la Germania. Il patto di Versailles passò inoltre alla storia perché scontentò incredibilmente sia i vincitori che i vinti.

3.   Trilussa, “La ninna nanna de la guerra”, vv. 19-20.

4.   Riferimento al film “Charlot soldato” di Charlie Chaplin uscito nel 1918 (pochi giorni prima della fine della grande guerra) in cui l'artista denuncia, con le armi della satira e della parodia, la crudele ridicolaggine della guerra di trincea, riscuotendo un enorme successo di pubblico. Il primo d'una lunga serie.

5.   'A livella” è una poesia in lingua napoletana scritta nel 1964 da Totò, in cui il grande comico paragona lo strumento della livella alla morte, immaginando un dialogo surreale fra due defunti, un netturbino e un marchese, col secondo a lamentarsi del primo per aver avuto l'ardire d'essersi fatto seppellire accanto ad un nobile. E il secondo a ricordare al primo che indipendentemente dai titoli nobiliari con la morte si diventa tutti uguali, agendo essa per l'appunto, proprio come fa la livella.

6.   Riferimento a Metternich, cancelliere austriaco dal 1821 al 1848, che pronunciò in merito allo scarso valore politico unitario del nostro paese, la famosa frase: “L'Italia è un'espressione geografica”.

7.  Mario Monicelli (Roma, 16 maggio 1915 – Roma, 29 novembre 2010) è stato uno dei più grandi registi cinematografici, considerato il padre della commedia all'italiana. Si fa qui riferimento ad uno dei suoi più grandi capolavori intitolato “La grande guerra” in cui vengono ripercorsi gli eventi del fronte italiano attraverso la comica vigliaccheria dei due protagonisti interpretati magistralmente da Alberto Sordi e Vittorio Gassman, che alla fine si immoleranno inaspettatamente per la patria, punti proprio nell'orgoglio da uno sfottò culinario di un comandante austriaco, il quale pretendeva importanti informazioni da usare contro l'esercito italiano, pena la fucilazione che così avvenne, trasformando i due vigliacchi in eroi.

8.   Vengono qui menzionati i due eventi più importanti sul fronte italiano durante la guerra. Il primo, la disfatta di Caporetto sull'Isonzo nel 1917 (la più grave disfatta nella storia dell'esercito italiano, tanto che, non solo nella lingua italiana, ancora oggi il termine Caporetto viene utilizzato come sinonimo di sconfitta disastrosa.) dove le truppe austro-ungariche con l'apporto dei reparti d'élite tedeschi, riuscirono a sfondare le linee italiane, che impreparate a una guerra difensiva e duramente provate dalle precedenti undici battaglie dell'Isonzo, non ressero all'urto e dovettero ritirarsi fino al fiume Piave. La tremenda sconfitta, che costò all'esercito italiano trecentomila uomini, portò alla sostituzione del generale Luigi Cadorna (che cercò di nascondere i suoi gravi errori tattici imputando vergognosamente le responsabilità alla presunta viltà di alcuni reparti che invece diedero la vita pur di reggere l'urto dell'attacco nemico) con Armando Diaz. Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva prima battaglia del Piave riuscendo a difendere a oltranza la nuova linea difensiva su cui aveva fatto ripiegare Cadorna. Il secondo evento invece è quello della vittoriosa battaglia di Vittorio Veneto del 1918 che segnò il disfacimento dell'esercito austro-ungarico e la fine della guerra per l'Italia, dopo una durissima battaglia combattuta da entrambi gli schieramenti. Gli Italiani poterono così avanzare rapidamente fino a Trento e Trieste, vittoriosi.

9.  Dante Alighieri, Inferno, Canto XIII, verso 99.

10.  Si fa qui riferimento ad Adolf Hitler e al suo amore giovanile per la pittura (dipingeva con scarsi risultati soprattutto paesaggi urbani in giro per la città) che lo portò, attorno ai 18 anni, a vedersi rifiutare per ben due volte dall'Accademia delle Belle Arti di Vienna.

domenica 14 giugno 2015

"Discorso sopra l'Italia, patria mai nata" - Capitolo XIII


DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi


- Capitolo XIII - 


Perdona mia Patria, o dolce continente de la semenza umana, perdona lor che umani con te non furono e ben sapean quel che faceano sterminando ogn'essere vivente. Ma tu, germoglio dell'umano intelletto, saprai discerner 'l peccator da la su' culla... ché le canaglie non han Patria, se non lo Inferno come nazion futura. E all'Inferno, impunite bestie in Terra, immerse nel Flegetonte[1] fino a li occhi, sconteranno in etterno la lor pena, sanza indulti togliattiani o azariani[2] a far da grazia; lo mostro Graziani[3] e Badoglio[4] e Roatta e Giunta e Pirzio Biroli[5] e tant'altri, trafitti da' Centauri sotto 'l sanguigno fiume, saranno assieme a quei che insabbiaron fatti e volutamente non fecer giustizia anzitempo 'n Terra, per sempre.
Lascio 'l destino infernal de lo falso Duce a tempo debito più avante, non dubitar Italia mia, ch'io non dimentico.
Ma pria vi fu guerra grande. Lo più immenso e stupido conflitto della storia, lo primo a cui partecipò 'l mondo intero, per mire espansionistiche de potenze europee e per affari, soprattutto affari, ignobili e sporchi affari, corsero le nazioni tutte al riarmo e l'industria de la guerra accecata dal profitto soffiò sul fòco, così 'l Kaiser Guglielmo
[6], spodestato Bismarck[7] non perse tempo e ruppe i già fragili equilibri che questi creò con fatica e seminò zizzania. Finché l'erede d'Austria[8] non venne impallinato co' la su' moglie in Serbia, lui che impallinò 'l camoscio albino e che secondo leggenda salisburghese non spetta all'uccisor po' ch'un solo anno. Leggenda s'armò di pistola 'l 28 giugno a Sarajevo e mantenne parola così ch'a lo regnante Umberto ne seguì uno nòvo, come a Gaetano seguì Gavrilo 'l serbo[9]. Du' regicidi europei in 14 anni. E codest'ultimo 'n particolare cadde a fagiolo per l'ipocrite nazioni ch'ebbero finalmente 'l loro casus belli. Era l'alba de lo scontro. E guerra fu, come fu luce un tempo, luce ch'iddio or spenge.
Fa la ninna Italia bella, che se dormi nun vedrai, tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno
[10]. Ma dormisti solo un anno, 'tacci tua e de tu nonno!
Imperocché nel '15 segretamente a Londra firmaron patto affinché scendesti sul campo di battaglia, ancora una volta da la parte opposta a quella in cui t'avean schierata. Allo scoppio de lo conflitto difatti, legata ancor alla Germania e all'Austria, co' le forze disposte in sostanziale equilibrio giocasti ruolo fondamentale, quando 'l governo Salandra in barba al Parlamento che volea restar neutrale, dopo aver ascoltato entrambe le fazioni 'n guerra, scelse de schierarte con quella ch'in cambio di vittoria t'avrebbe garantita la definitiva annessione de le terre irredenti del Trentino, del Tirolo, de la Venezia Giulia e parte della Dalmazia, che l'impero austro-ungarico giammai volea conceder. Fosti ago della bilancia in Europa e al tavolo di Londra, tanto per confermar nomea de voltafaccia, come 'n sorcio dibattuto tra du' formaggi, faceròltino rosicchiar quello francese, più bòno assai di qualità. È pur vero però che posizion neutrale non si puote mantener per sempre, imperocché come diceva Orazio: “Diventa affar tuo, quando la parete del vicino va a fuoco”.
[11]
Indi sancì definitiva vittoria lo solito ingresso de li americani, a cui 'l progresso tecnologico servì soltanto per giugnere a far guerre più distanti, storicamente inabituati alla pace e smaniosi de potere, annusaron potenziali affari e come sempre di lì in avanti, assunsero ruolo de sceriffo arrogante de lo mondo; come in uno di que' loro futuri film western che po' si vederanno, ove Jack Palace armato de rivoltella getta l'altra pistola a' piedi de lo pastor de capre, intimandoglie de raccattalla con far da bullo, mentre l'altro impaurito et innocente tentenna. E quando questi non sapendo com'uscirne fa per chinasse contro su' voglia, lo malo sceriffo 'l fredda et esclama al pubblico: “L'avete visto tutti... aveva una pistola”. Codesto gliè l'atteggiamento de lo Zio Sam, tanto allora com'oggi, esplicato ne la perfetta similitudo de lo comico texano[12] che ben vide avante quando lo figlio de Bush eguagliò 'l padre.




1.   Il Flegetonte è uno dei fiumi che scorrono nell'Ade, l'oltretomba nella mitologia greca. Verrà ripreso da Dante nell'Inferno, collocandolo nel VII cerchio, quello dei violenti contro il prossimo. Nel fiume di sangue bollente infatti sono tuffati più o meno in profondità a seconda della loro colpa i dannati (tiranni fino agli occhi, omicidi fino al collo, predoni fino al petto, ladroni solo con i piedi) e colpiti con frecce dai Centauri.

2.   L'amnistia Togliatti fu un provvedimento di condono delle pene proposto dall'allora ministro di grazia e giustizia Palmiro Togliatti, approvato dal governo italiano nel 1946. L'amnistia comprendeva i reati comuni e politici, compresi quelli di collaborazionismo con il nemico e reati annessi ivi compreso il concorso in omicidio, pene allora punibili fino ad un massimo di cinque anni, i reati commessi al Sud dopo l'8 settembre 1943 e l'inizio dell'occupazione militare Alleata al Centro e al Nord ed aveva efficacia per i reati commessi a tutto il giorno 18 giugno 1946. Fu aspramente criticato dall'associaziosimo partigiano provocando numerose proteste e scioperi. Nel settembre del 1953 il governo Pella approvò un nuovo indulto e l'amnistia proposti dal guardasigilli Antonio Azara per tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno 1948. Furono compresi in questa seconda amnistia i reati commessi nel secondo dopoguerra italiano, arrivando a oltre tre anni dalla fine della guerra.

3.   Rodolfo Graziani (Filettino, 11 agosto 1882 – Roma, 11 gennaio 1955), fu un importantissimo gerarca del fascismo italiano nonché uno dei criminali di guerra più spietati. Operò nella guerre coloniali italiane: nella riconquista della Libia (1921-1931) e durante la Guerra d'Etiopia e nella successiva repressione della guerriglia abissina (1935-1937). Durante la seconda guerra mondiale divenne governatore della Libia ma venne duramente sconfitto dall'esercito britannico (1940-1941) e sostituito. Dopo un periodo di ritiro accettò da Mussolini l'incarico, nella costituenda Repubblica Sociale Italiana, di Ministro della Guerra che mantenne fino al crollo finale del 1945, prendendo parte alla lotta contro la Resistenza italiana. Inserito dall'ONU nella lista dei criminali di guerra (per l'uso di gas tossici, bombardamenti degli ospedali della Croce Rossa e stragi efferate di civili che spacciò per rappresaglie) su richiesta dell'Etiopia, fu processato a Roma e condannato a 19 anni di carcere per collaborazionismo, ma scontati quattro mesi fu scarcerato. Si iscrisse nel 1952 al MSI e morì sempre a Roma divenendo un simbolo dell'estrema destra italiana.

4.   Pietro Badoglio (Grazzano Monferrato, 28 settembre 1871 – Grazzano Badoglio, 1º novembre 1956) fu un gerarca del fascismo italiano, maresciallo d'Italia ed in seguito alla deposizione di Mussolini, Capo del Governo dal 25 luglio 1943 all'8 giugno 1944, firmò l'armistizio di Cassabile. Vicerè d'Etiopia nel 1936, compì numerosi stragi di civili con l'utilizzo dei gas all'iprite e con i bombardamenti sugli ospedali della Croce Rossa, venne per questo inserito nella lista dei criminali di guerra su richiesta dell'Etiopia, senza però essere mai processato. L'Italia infatti riuscì a ottenere dagli alleati il compito di provvedere direttamente al giudizio di tutti i presunti criminali, individuati dalla Commissione ONU ma quando la Commissione d'inchiesta italiana cominciò i lavori (che, peraltro si conclusero con l'archiviazione delle posizioni di tutti gli accusati) il nome di Badoglio non compariva già più in nessun elenco. Rientrato in patria dopo la liberazione, morì nel 1956 per asma cardiaca e i suoi funerali si svolsero con la partecipazione dei rappresentanti del Governo, delle Autorità e con tutti gli onori militari.

5.   Mario Roatta (Modena, 2 gennaio 1887 – Roma, 7 gennaio 1968) fu un generale fascista italiano e criminale di guerra. Nel 1942 in qualità di comandante dell'esercito nella provincia di Lubiana in Jugoslavia fu autore di rappresaglie barbariche, incendi di villaggi, fucilazioni sommarie, internamenti e stragi di ogni tipo, del tutto simili a quelle impartite dai comandati tedeschi. Emanò inoltre ordini espliciti: “Se necessario, non rifuggire da usare crudeltà. Deve essere una pulizia completa. Abbiamo bisogno di internare tutti gli abitanti e mettere le famiglie italiane al loro posto”. Inizialmente arrestato alla fine della guerra, evase il giorno prima del processo in primo grado che lo condannò all'ergastolo per la mancata difesa di Roma e per le attività illegali del SIM, dall'ospedale militare con l'aiuto di complici, raggiungendo prima il Vaticano e poi la Spagna, dove fu protetto dal governo di Francisco Franco. Fu assolto da ogni accusa nel 1949, mentre non fu dato corso all'estradizione richiesta dal governo jugoslavo in quanto poté giovarsi della cosiddetta "amnistia Togliatti" del 1946, e di quella definitiva del 1953 proposta dal guardasigilli Antonio Azara per tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno 1948. Roatta ritornò dalla Spagna solo nel 1966 e morì a Roma il 6 gennaio 1968.
Francesco Giunta (San Piero a Sieve, 21 marzo 1887 – Perugia, 8 giugno 1971) fu segretario nazionale del Partito Fascista dal 13 ottobre del 1923 al 23 aprile del 1924. Autore nel 1920 a Trieste del primo vero atto di squadrismo con l'incendio dell'Hotel Balcan e altre devastazioni che causò diversi morti. Governatore della Dalmazia nel 1943, compì numerose stragi che gli valsero l'accusa da parte della Jugoslavia di essere un criminale di guerra, richiedendone invano all'Italia l'estradizione. Dopo la guerra, ricoprì altre cariche tra le quali quella di Presidente di Roma Film e ricevette inoltre numerosi titoli e onorificenze dal Papa, dal Re e da Capi di Stato stranieri, tra i quali: Nobile dell'Ordine Piano, Conte di Fiume, Cavaliere di Malta. Morì a Perugia nel 1971.
Alessandro Pirzio Biroli (Campobasso, 23 luglio 1877 – Roma, 20 maggio 1962), fu un generale fascista italiano. Dopo aver partecipato come comandante alla guerra d'Etiopia, divenne dal 1941 al 1943 Governatore del Montenegro, dove compì crimini di guerra contro le popolazioni, arrivando perfino ad ordinare che per ogni soldato ucciso venissero fucilate 50 persone. Biroli invitò i suoi uomini ad imitare i feroci metodi tedeschi e mise per iscritto in un opuscolo: “Ammazzate, fucilate, incendiate e distruggete questo popolo”. Per la sua opera ricevette da Adolf Hitler l'onorificenza dell'ordine della Gran Croce dell'Aquila Tedesca con spada come «massimo riconoscimento delle sue splendide qualità militari e organizzative, dimostrate in numerose circostanze durante la guerra d'Abissinia e ultimamente nella campagna di Grecia e del Montenegro». Morì a Roma nel 1962 senza essere mai incriminato, né messo sotto processo.

6.   Guglielmo II di Prussia e Germania, detto più semplicemente Il Kaiser (Berlino, 27 gennaio 1859 – Doorn, 4 giugno 1941) fu il terzo e ultimo imperatore della Germania e l'ultimo re di Prussia. Rimase sul trono con entrambi i titoli dal 1888 al 1918. Decisamente conservatore, convinto sostenitore del militarismo e della tradizione monarchica prussiana, il suo regno fu contraddistinto dal riarmo, soprattutto navale e da una politica estera che portò la Germania ad allontanarsi sempre di più dalle posizioni della Triplice Intesa di Francia, Gran Bretagna e Russia. Guglielmo II abbandonò il sistema bismarckiano e attuò una politica estera contraddittoria accompagnata da iniziative personali. Per l’appoggio dato all’Austria nella sua politica nei Balcani e per l'assenso dato all'apertura delle ostilità della Germania contro la Russia nel 1914, è considerato fra i principali responsabili dello scoppio della prima guerra mondiale. Dopo la sconfitta fu costretto a vivere in esilio in Olanda.

7.   Otto Eduard Leopold von Bismarck-Schönhausen (Schönhausen, 1º aprile 1815 – Friedrichsruh, 30 luglio 1898) è stato un politico tedesco. Fu Primo ministro della Prussia dal 1862 al 1890. Nel 1867 divenne il capo del governo della Confederazione Tedesca del Nord. Nel 1871 fu l'artefice della nascita dell'Impero tedesco, divenendone il primo Cancelliere. Benché promotore di riforme in campo assistenziale, fu avversario dei socialisti. In politica estera, dopo il 1878 creò un sistema di alleanze che, determinando un equilibrio di forze in Europa, riuscì a isolare la Francia e a contenere le dispute fra Austria e Russia, e fra Austria e Italia. Bismarck portò inoltre la Germania a primeggiare con la Gran Bretagna in campo economico e a divenire la prima potenza militare del continente. Fu anche detto "il Cancelliere di Ferro".

8.   Francesco Ferdinando Carlo Luigi Giuseppe d'Austria Este (Graz, 18 dicembre 1863 – Sarajevo, 28 giugno 1914) , fu arciduca della dinastia degli Asburgo in Austria ed erede al trono austro-ungarico. Il suo assassinio da parte di Gavrilo Princip (membro dell'organizzazione politico-rivoluzionaria Giovane Bosnia) il 28 giugno 1914 a Sarajevo, città della Bosnia ed Erzegovina annessa all'Austria, avvenuto assieme alla moglie Sofia duchessa di Hohenberg è considerato la causa scatenante della dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia e quindi come causa principale dello scoppio della prima guerra mondiale.

9.   Viene qui accostato all'attentato di Sarajevo del 1914 di Gavrilo Princip sul futuro regnante Francesco Ferdinando, il regicidio di Umberto I di Savoia Re d'italia, avvenuto a Monza 14 anni prima, il 19 giugno del 1900 per mano dell'anarchico Gaetano Bresci, il quale fu poi condannato all'ergastolo nel carcere di Santo Stefano ove trovò la morte l'anno seguente in circostante mai chiarite, appeso per il collo mediante un lenzuolo. Umberto I di Savoia, sebbene soprannominato Re Buono per l'impegno che profuse nei soccorsi contro l'epidemia di colera a Napoli, fu aspramente avversato per il suo duro conservatorismo, il suo indiretto coinvolgimento nello scandalo della Banca Romana, l'avallo alle repressioni dei moti popolari del 1898 e l'onorificenza concessa al generale Fiorenzo Bava Beccaris per la sanguinosa azione di soffocamento delle manifestazioni del maggio dello stesso anno a Milano, azioni e condotte politiche che gli costarono altri due attentati da parte di anarchici prima di quello fatale. Il primo di Giovanni Passannante nel 1878 e il secondo di Pietro Acciarito nel 1897, entrambi poi morti in carcere dopo una prigionia spietata che li portò alla follia.

10.   Trilussa, pseudonimo anagrammatico di Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri (Roma, 26 ottobre 1871 – Roma, 21 dicembre 1950) fu il più celebre poeta in dialetto romanesco assieme a Giochino Belli, del quale si può considerare l'erede. Si fa qui riferimento alla famosa poesia del 1914 intitolata “La ninna nanna de la guerra”, versi 11-14 lievemente rivisitati.

11.   Quinto Orazio Flacco (Venosa, 8 dicembre 65 a.C. – Roma, 27 novembre 8 a.C.) è stato un poeta romano. Considerato uno dei maggiori poeti dell'età antica, nonché maestro di eleganza stilistica e dotato di inusuale ironia, seppe affrontare le vicissitudini politiche e civili del suo tempo da placido epicureo amante dei piaceri della vita, dettando quelli che per molti sono ancora i canoni dell'ars vivendi. La frase in questione è tratta dalle Epistole (I,18, 84) ed è la traduzione in italiano dell'originale latina: “Nam tua res agitur, paries quum proximus ardet”.

12.   Bill Hicks (Valdosta, 16 dicembre 1961 – Little Rock, 26 febbraio 1994) è stato uno dei più grandi comici statunitensi. Il paragone in questione, che vede la politica estera americana accostata all'atteggiamento prepotente del pistolero del film “Il cavaliere della valle solitaria” interpretato da Jack Palace, è tratto dallo spettacolo “Revelation” del 1993, dove Hicks accusa ferocemente gli Stati Uniti di armare il mondo per poi mandare truppe a distruggere quegli stessi popoli da loro armati, con un atteggiamento che il satiro definì “da bulli del mondo.


martedì 26 maggio 2015

"Discorso sopra l'Italia, patria mai nata" - Capitolo XII


DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi


- Capitolo XII -


Et ora, lo partito d'esti bifolchi sanza lume, per coglier voti pure da' “terroni”, cambia 'l nimico e per tornar a lo discorso nostro, puntan 'l dito contro l'immigrato. Sanza aver a mente che lor predecessori furon tali e quali a queli negri ch'adesso vegnon per lo nostro Stato (negri di molto bòni agli sputazzi e a le banane, ma assai migliori per raccoglier pomidori a poche lire) quando ne lo nòvo mondo miser piedi, considerati come sorci infetti, da queli americani anch'essi smemorati, che tutto è uno gran circolo vizioso de gente che se scorda del passato.
Eppuro a cavallo de li secoli diciotto e diciannove, “diaspora italiana” prese nome e fu la migrazione impressionante de italiani verso l'Americhe e più de tutti l'altri a far fagotto fu proprio 'l settentrione. Di là dell'oceano de Colombo, spulciati come bestie, ognun dovette fasse largo co' propri bracci, tra lo razzismo de li bianchi 'ncappucciati che vedean l'italiano tale al negro, perché con esso faticava al fianco, sanza guardar tintura de la carne. E come tanti altri fece mucchio e più de altri assai prevalea d'ingegno, per questo s'attirò l'odio de molti a cui sparì 'l lavoro tra le mani, fottuto da chi quello l'facea meglio. E vi furon morti et stragi et barbariche persecuzioni con gente linciata da le folle, tanto nell'Americhe che ne la vecchia Europa, come a Nuova Orleans ove furon scorticati innocenti siciliani
[1] o alle saline di Peccais ove dettero la morte a' piemontesi[2].
Ma esportaron puro assieme a' maccaroni, Società Onorata de noaltri, gente de coppola e lupara, meglio conosciuta come Mafia. Codesta eccellenza criminale conquistò lo nòvo mondo come un germe, dal di dentro, quartiere per quartiere, Stato dopo Stato, corruppe e sparse sangue e sciolse gente ed è proprio per questo che ogne pregiudizio contien dentro de sé sempre un po' de vero e l'italian assunse brutta nomea al di fòri de' confini nazionali, all'occhi del straniero. Nomea de brutto ceffo, de mafioso, de scaltro e de 'mbroglione, lesto de mano così come de lengua, unto de salsa, di molto rumoroso, sònator de mandolino e mala ghenga, baffo nero, sanza disciplina, magnaspaghetti tutto giorno, caffè bòno de matina, ritardatario etterno, voltagabbana, brillantina, anello al mignolo e madonnina al collo, pizza come a Napoli la fanno e de la mamma cocco bello.
Con tutto che di stereotipo se tratta, volendo pur ammetter certi vizi, v'è sempre in ogne regola eccezione. Però li peggior vizi han sempre avuto lo sopravvento su le cose belle, specialmente in tempi tristi, de miseria, ove gruppi de poracci se fan la guerra tra de loro in guisa de scansar le altre etnie per poi spartirse 'l poco che rimane.
Dicerolti Italia mia di molto breve, alla maniera tacitiana: i figli tua, nel mal come nel bene, pel mondo han sempre fatto cose grandi e cose da gran figli di puttana.
Giustappunto tra quest'ultime verbigrazia, s'annovera lo squallido colonialismo, portato avanti vergognosamente tanto dalla Sinistra storica di Depretis e Crispi quanto dalla Destra di Giolitti
[3] inaugurando per altro, l'inizio de' numerosi voltafaccia che te videro schierata prima nella Triplice Alleanza al fianco de' tedeschi e dell'impero austro-ungarico e po' nella Triplice Intesa co' francesi, russi e inglesi[4]. E tutto codesto valzer d'abiure per appropiasse de' terre d'Africa: Eritrea, Somalia e seguitamente Libia e l'isole dell'Egeo, ove furon sterminati e sottomessi popoli et espropriate lor le ricchezze ne' modi più vigliacchi, come avaccio tempo dopo fece 'l pallon gonfiato de Predappio[5] che volea ridar luce all'impero e che se fece “onore” co' gas asfissianti e l'iprite, che dal cielo venìa annaffiato continuamente affinché la nebbia permanesse, sopra vasti territori, di modo che bestie e piante e donne e infanti et uomini, sotto codesta pioggia mortale rimanessero sanza vita. E po' saccheggi e stupri e bombe e marce de la morte e fucilazioni e atrocità indicibili d'ogne genere, d'autentica pulizia etnica puro in Grecia e ne' Balcani, ove niun colpevole pagò mai pe' suddetti crimini, che punta differenza ebbero in ferocia rispetto a quei nazisti, ma anzi tali diavoli sedettero più 'n là su scranni del Parlamento nòvo, come antichi democratici ateniesi. 



1.   Nel linciaggio di New Orleans avvenuto il 14 marzo 1891 persero la vita 9 italiani, tutti siciliani, dopo essere stati assolti dall'accusa di aver ucciso il capo della polizia urbana, una folla rabbiosa di quasi 20.000 persone li trascinò fuori dalla prigione senza trovare resistenze e li uccise a bastonate. Viene considerato come uno dei più grossi linciaggi di massa della storia degli USA.

2.   Il massacro di Aigues-Mortes, nell'agosto del 1893, fu scatenato da un conflitto tra operai francesi e italiani (soprattutto piemontesi, ma anche lombardi) impiegati nelle saline di Peccais, che si trasformò in un vero e proprio eccidio con nove morti e un centinaio di feriti tra i lavoratori italiani. La tensione che ne seguì fece quasi sfiorare la guerra tra i due Paesi.

3.   La “Sinistra storica” è stata uno schieramento politico dell'Italia post-risorgimentale, la cui epoca va dal 1876, anno della "rivoluzione parlamentare" che portò alla caduta della Destra storica, sino alla "crisi di fine secolo" (1896), che sfociò nell'età giolittiana. Agostino Depretis (Mezzana Corti Bottarone, 31 gennaio 1813 – Stradella, 29 luglio 1887) fu un politico italiano, nove volte presidente del consiglio, nonché il primo a capo di un governo solo della Sinistra Storica. Nel 1876 guidò il primo governo della storia d'Italia formato da soli politici di Sinistra. Tale esecutivo varò la riforma scolastica istituendo l'istruzione obbligatoria, laica e gratuita per i bambini dai 6 ai 9 anni. Benché filofrancese, per rompere l'isolamento dell'Italia, nel 1882 accettò la Triplice alleanza con Austria e Germania. Fu il fautore del trasformismo, un progetto che prevedeva il coinvolgimento di tutti i deputati che volessero appoggiare un governo progressista a prescindere dagli schieramenti politici tradizionali. I governi "trasformisti" così costituiti eliminarono definitivamente la tassa sul macinato, introdussero le tariffe doganali favorendo l'industria (soprattutto settentrionale) e vararono l'espansionismo italiano in Africa. Il trasformismo, tuttavia, ridusse il potere di controllo del parlamento e favorì eccessi nelle spese statali. Antagonista di Depretis all'interno del partito fu Francesco Crispi (Ribera, 4 ottobre 1818 – Napoli, 11 agosto 1901), figura di spicco del Risorgimento, fu uno degli organizzatori della Rivoluzione siciliana del 1848 e fu l'ideatore e il massimo sostenitore della spedizione dei Mille, alla quale partecipò. Inizialmente mazziniano, si convertì agli ideali monarchici nel 1864. Anticlericale e ostile al Vaticano, dopo l’unità d’Italia fu quattro volte presidente del Consiglio e i suoi governi si distinsero per importanti riforme sociali (come il codice Zanardelli che abolì la pena di morte e introdusse il diritto di sciopero) ma anche per la guerra agli anarchici e ai socialisti, i cui moti dei Fasci siciliani furono repressi con la legge marziale. In campo economico il suo quarto governo migliorò le condizioni del Paese. Crispi sostenne tuttavia una dispendiosa politica coloniale che, dopo alcuni successi in Africa orientale, portò alla disfatta di Adua del 1896. Lo sostituì alla guida del paese il suo avversario politico Giovanni Giolitti (Mondovì, 27 ottobre 1842 – Cavour, 17 luglio 1928), più volte presidente del consiglio, fu uno dei politici liberali più efficacemente impegnati nell'estensione della base democratica del giovane Stato unitario, e nella modernizzazione economica, industriale e politico-culturale della società italiana a cavallo fra Ottocento e Novecento. Dopo un iniziale voto di fiducia, nel 1922, al nuovo governo fascista, dal 1924 si tenne all'opposizione di Benito Mussolini.

4.   La Triplice alleanza fu un patto militare difensivo stipulato il 20 maggio 1882 a Vienna dagli imperi di Germania e Austria (che già formavano la Duplice Alleanza) e dal Regno d'Italia. Inizialmente fu voluta principalmente dall'Italia desiderosa di rompere il suo isolamento dopo l'occupazione francese della Tunisia alla quale anche lei aspirava. Successivamente, con il mutarsi della situazione in Europa, l'alleanza fu sostenuta soprattutto dalla Germania desiderosa di paralizzare la politica della Francia. Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, l'Italia, dopo un lungo percorso di avvicinamento e di accordi con la Francia, con la Gran Bretagna e con la Russia, in forza dell'articolo 4 del trattato, dichiarò la sua neutralità. Nel 1915 la Triplice intesa (sorta nel 1907 da un accordo fra l'Impero britannico, quello russo e la Repubblica francese) propose all'Italia, in cambio della sua entrata in guerra contro l'Austria, ampliamenti territoriali a scapito di Vienna e una posizione di dominio nell'Adriatico. Lo stesso anno l'Italia rifiutò le inferiori proposte dei governi di Vienna e Berlino, denunciò la Triplice alleanza ed entrò nel conflitto contro l'Austria.

5.   Predappio, all'epoca nominato Dovia di Predappio, fu il paese natale di Mussolini che vi nacque il 29 luglio 1883. 
 

martedì 12 maggio 2015

"Discorso sopra l'Italia, patria mai nata" - Capitolo XI


DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi


- Capitolo XI -


E allor perché secolarmente seguitiamo a cozzar lo capo, sebbene punta conquista permane mai in etterno? Ponghiamo caso, verbigrazia 'l navigator Colombo e le su' Indie, così però come venne immaginato da lo poeta marchigiano nell'Operette[1]. Egli fa del marinaro genovese sperduto nell'atlantico, l'omo più felice della terra, poiché con tutto che li mal pensieri lo affliggevano e la speme di veder terra cominciava a' abbandonarlo, lo suo stato di pericolo mortale e d'avventura gli facea però di gran lunga apprezzar di più la vita che se fosse rimasto a casa a raccontar novelle a' nipoti. Indi per cui lo rischio che la spedizion fallasse con tutto che possibile, diveniva secondario. Lo viaggio era la felicità, lo scopo reale, tanto più che la scoperta. Esso libera Colombo da la noia e gli fa cara la vita a dispetto di tutto, come scampar dice 'l poeta, dalla rupe di Leucade[2], sarebbe a dir da un salto nel vòto e riacquistar nòva linfa.
Codesto forse è 'l motivo per cui l'omo si batte ed è 'l motivo per cui non ha mai smesso e nemmanco io, con tutto che nel mio piccolo e sanza pugnar spada. Ma ciò nonostante le probabilità di sconfitta etternamente maggioreggiano di gran lunga, io come l'altri ho sempre a mente David e la su' fionda con cui schiantò Golia, e puro se la gran parte de le misere genti odierne associa codest'ultimo nome a caramellate liquirizie a lo mentolo, io periddio sento 'l rimbombo de lo gigante a terra che travalica secoli e confido nell'animo, non esser solo.
Ancorché Italia mia, seguiteranno d'ogne parte a far sfregio e a farsi beffe del giardin de lo 'mperio
[3], sempre vi sarà comunque picciola compagnia de sognatori a lottar contro bruti e giganti; ma mai come ne lo secolo novecentesco che fu malosecolo davvero, subisti tant'affronti da' tuoi figli e tanti morti tenesti in grembo, mai tante ferite aperte avesti in corpo e tante macerie e dolori et vergogne d'ogne sorta, da rimpianger quasi li sanguinosi secoli addietro e da rischiar d'esser cancellata da lo nòvo progresso bellico che calava bombe da lo cielo. Malosecolo davvero... fu e vide a l'alba distese de migranti che da lo mezzogiorno depredato se incamminavan su, dentro lo nordico triangolo industrial de innovativi sfruttamenti; portandose ognuno a presso la famiglia, e in su le spalle la su' casa e in su le mani il su' cappello, con lo quale ogn'om s'annunziava bisognoso alle porte de Torino o de Milano o de quelle città che fino all'altro iere avean staccato teste a' loro padri e stuprato lor le madri e saccheggiato sacrifici e sacrifici de famiglie contadine a cui 'l Borbon già poco concedea. Et ora a piagner pane 'n faccia a' piemontesi, che fanno popoli diversi e di diversa lengua che a stento se comprendono parlando? Che fanno li “crumiri” e li “terroni” che al tempo de 'l migratorio flusso inverso, vedean li nordici italiani far valigie verso loro, verso Napoli e Campagna, verso speme di lavoro et ora e come allora oggi in cui io vi scrivo, son costretti 'nvece da li mal governi a marciar verso nord o verso l'estero? Lasciar le loro belle terre a' vacanzieri de la polare Europa e a' ridicoli babbei ammantati de verde, nomati “leghisti”, lo qual fenomeno pseudo-politico è ahimè contemporaneo e d'infimo levello, che quasi de descriver quivi me vergogno per lo sconcio. Codesti primitivi allocchi co' capi ornati d'elmi vichinghi, de cultura tanto bassa, sempliciotti, da non competer nemmanco co' somari. Son usi de far bizzarre cose, come de ber la sozzura de lo fiume o comperar lauree ne' Balcani, con tutto che per lauree questi intendan donne molte e nomate uguale e per Balcani lo sa iddio che non pensino a' testicoli de' veltri! E favellan bofonchiando tutto giorno come lor capo handicappato o come 'l nòvo successor barbuto (ch'ha le 'nsegne de' paesi su le vesti per ricordarse de li posti indove pesta), de secessione sanza renderse minimamente conto d'averla fatta già, ma col cervello loro. Povero me che campo 'n mezzo! A tanti trogloditi de Padania ch'esigon li crocifissi nelle classi e dopo pregano 'l dio Odino (ch'un giorno un de lor me disse era suo amico, c'avea tabaccheria fòri Legnano!) e portan doni al su' cospetto, ma sol per farglieli vedere ne le mano: diamanti, ori, aggeggi vibratòri, reggipetto, cimeli de mignotte e al diavolo 'l consenso de lo Deo, ognun se l'mette poi nel su' cassetto e a fede annamo pari e bonanotte!
Codesti Italia mia, che passan verno a' alluccar contro siciliani e poi d'estate stesi giù a Taormina, non han vergogna alcuna, né cognizion di storia, né un filo de midollo ne la schina. Imperocchè a Lombarda Lega si richiaman, ma sanza ipocrisia sol per 'gnoranza, non sanno che la vecchia union de li comuni fu fatta contro Federigo I
[4], per ricacciar lo Barbarossa oltre i confini del Bel Paese ch'Appennin parte e 'l mar circonda et l'Alpe[5]
Fu proprio tra li primi eventi de rivolta per farte indipendente Italia mia, ma figurate se questi lo sapean! L'avessero saputo i vecchi patrioti d'aver posteri tanto smemorati, cacciati ne lo sterco si sarebber e a Federigo mani e piedi consegnati. Figurate che han preso come inno el “Va Pensiero” ch'è simbolo d'Italia dominata e che pretende fòri lo straniero, scritto da lo Verdi
[6] patriota, ma forse cognoscendo li soggetti han scelto solamente pel cognome che è proprio tale e quale a lor colore, più che per storia de lo grande auttore.



1.  Si fa qui riferimento al “Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez” scritto da Leopardi nell'ottobre del 1824 e contenuto già nella prima edizione delle Operette Morali, composte dal poeta recanatese in stile medio e ironico sottoforma di dialoghi e novelle tra il 1824 e il 1832, e considerate uno dei contributi filosofici più alti della letteratura italiana e mondiale del XIX secolo.

2.   Lèucade (o Santa Maura secondo l'antica denominazione veneziana) è una delle isole ionie della Grecia, con spiagge rocciose a picco sul mare. In una di queste, dove un tempo sulla cima vi era un tempio dedicato ad Apollo, si suicidò secondo la leggenda la grande poetessa Saffo, gettandosi nel vuoto giù dalla rupe, per amore non corrisposto verso il giovane battelliere Faone, che è in realtà un personaggio mitologico.

3.   Dante Alighieri, Purgatorio, Canto VI, verso 105

4.  Vedi capitolo II, nota 6

5.   Francesco Petrarca, Canzoniere (Rerum Vulgarium Fragmenta), s. CXLVI, versi 13-14

6.   Giuseppe Verdi (Le Roncole, 10 ottobre 1813 – Milano, 27 gennaio 1901) è stato un compositore autore di melodrammi che fanno parte del repertorio operistico dei teatri di tutto il mondo. Fu sostenitore dei moti risorgimentali (durante l'occupazione austriaca la frase "Viva V.E.R.D.I." era scritta sui muri e letta come "Viva Vittorio Emanuele Re D'Italia") e partecipò in seguito attivamente alla vita pubblica del suo tempo. Anche se nell'ultima parte della sua vita traspare dall'epistolario una disillusione nei confronti della nuova Italia unita, che forse non si era rivelata all'altezza delle proprie aspettative. Il “Va Pensiero”, inserito nella terza parte del Nabucco ed uno dei più noti cori della storia dell'Opera, viene cantato degli Ebrei prigionieri in Babilonia e fu interpretato dai patrioti di allora come una metafora della condizione dell'Italia, assoggettata al dominio austriaco. Con le sue opere,Verdi è considerato il più celebre compositore italiano di tutti i tempi, nonché uno dei più celebri in assoluto.


giovedì 30 aprile 2015

"Discorso sopra l'Italia, patria mai nata" - Capitolo X


DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi



- Capitolo X -


Non v'è dubbio che la raggiunta unità nazionale sotto lo casato monarchico de' Savoia ti portò a misera condizione, Italia mia. Non v'è dubbio che lo piccolo e indebitato staterello piemontese non fece altro ch'allargare i suo' confini, pure profittando de l'immense ricchezze bancarie de lo Regno delle due Sicilie; che sebben in forte crisi e oramai osteggiato dal su' popolo per la politica reazionaria e la pessima spartizion delle risorse sul territorio, fu comunque al tempo economicamente molto più florido de tutti gli altri staterelli pre-unitari messi assieme e meglio gestito, quantomeno a Napoli e dintorni, da' tanto odiati Borboni, che nonostante tutto potean vantar numerosi primati nel Regno loro in svariati campi; quali la cultura, l'infrastrutture, la tecnologia, i trasporti, la gestione de' rifiuti, l'industria e tant'altri. Oltre ad aver la più bassa tassazione europea a differenza de li pluritassati stati nordici. Non v'è dubbio dunque che vòtando lo Banco di Napoli (all'epoca colmo di 443 milion di Ducati) i Savoia acquisirono lo dominio e cominciarono la completa desertificazione et espropriazione delle ricchezze e de le fabbriche meridionali che portaron ben presto a lo conseguente sfruttamento e inevitabile impoverimento del Sud. Nacque così 'l sacrosanto brigantaggio tanto 'nfangato dalla storiografia ufficiale scritta da' sabaudi e sempre difeso dall'Eroe Nizzardo e dal Mazzini che co' lo governo piemontese videro entrambi traditi i loro sogni d'Italia giusta. Non v'è dubbio che codesto fenomeno di rivolta ed eroica resistenza non fu mai giustamente celebrato ed anzi fu al tempo barbaramente soppresso et in seguito malamente insabbiato da lo sanguinario Regno Italiano.
Ricorda 'l brigante Crocco
[1] Italia mia, che combatté col Generale e Ninco Nanco[2] e le donne lucane e calabresi e tant'altri che più oramai non han volti e voce ma che dal tempio celeste dell'Itale Glorie esigon da' posteri rimembranza, per le 'ngiustizie e i soprusi e per l'indomito coraggio dimenticato. Ricorda i loro volti e i lor nomi, lor che volti e nomi più non hanno, mozzate le teste da sciabola sabauda, Italia mia codesti morti gloriosi debbon essere i figli a te più cari. Imperocché non giacciono all'ombra dolce de' cipressi o dentro l'urne, ma sparsi ne la terra per cui spiraron; come concime la lor polvere agnede affidata alle ortiche di deserta gleba, ove né donna innamorata prega, né passeggier solingo ode il sospiro che dal tumulo a noi manda Natura[3], questi meriterebbero la gloria, imperitura, sottratta loro dal tiranno. A cui, come sempre a scapito de' giusti, toccò 'nseguito marmoreo ricordo alla faccia loro in Roma, spianando 'l Torrion di Paolo III e l'Arco di San Marco[4] e uno quartiere sano per innalzarsi lo maestoso monumento innanzi a' sudditi.

“Ahi Vittoriano, di bellezza immensa
altare sei grandioso così bianco,
in marmo botticino per celanza,
del sangue partigian c'hai sotto 'l manto.”

Codesta è la fine di tutte le storie del mondo, e lor non fecero eccezione.
Così perirono i briganti e 'nfamia li ricopre.
Avea ragione il Rapisardi: “Senza pianto una zolla e senza fiori, terrà chi invan sfidò numi e tiranni
[5]. Et io oggi a quale scopo e con che speme canto di lena per denunciar gli scempi, se uomini tanto grandi pria di me persero partita? Se fecer mille volte quel ch'io faccio e mille volte meglio e con più forza, eppur caddero? Che senso ha Italia mia, questo continuo spendersi che porta solo a spegnersi pian piano? Questo sbattersi e cadere e poi risorgere e affrettarsi sanza posa o ristoro per poi fallire in sull'ultimo, poiché tale come direbbe 'l dolce Giacomo, è la vita mortale[6]. Forse che per sovvertir lo trono serve insistenza? Potrebbe darsi, ma di quella misurata su scala di vita celeste e non terrena perocché gli anni dell'uomo giammai non vider giustizia se non per brevi istanti nella storia, come 'l pendolo de lo filosofo tedesco ch'oscilla fra noia e dolore[7]; così la giustizia tale alla felicità è un battito d'ale, un momento effimero, un nonnulla, che quand'arriva è già svanito.




1.  Carmine Crocco, detto Donatello (Rionero in Vulture, 5 giugno 1830 – Portoferraio, 18 giugno 1905), è stato un brigante italiano, tra i più noti e rappresentativi del periodo risorgimentale. Era il capo indiscusso delle bande del Vulture, sebbene agissero sotto il suo controllo anche alcune dell'Irpinia. Nel giro di pochi anni, da umile bracciante divenne comandante di un esercito di duemila uomini e la consistenza della sua armata fece della Basilicata uno dei principali epicentri del brigantaggio post-unitario nel Mezzogiorno continentale. Dapprima militare borbonico, disertò e si diede alla macchia. In seguito, combatté nelle file di Garibaldi, poi per la reazione legittimista borbonica e infine per sé stesso, distinguendosi da altri briganti del periodo per chiara e ordinata tattica bellica e imprevedibili azioni di guerriglia che gli valsero numerosi appellativi come “Generale dei Briganti”, “Generalissimo” e “Napoleone dei Briganti”. Arrestato nel 1864 dalla gendarmeria dello stato pontificio, ove aveva tentato di trovar riparo, venne processato nel 1870 da un tribunale italiano. Fu condannato a morte e poi all'ergastolo nel carcere di Portoferraio dove morì all'età di 75 anni.

2.   Giuseppe Nicola Summa, detto Ninco Nanco (Avigliano, 12 aprile 1833 – Frusci, 13 marzo 1864), è stato un brigante italiano. Uno dei più devoti luogotenenti di Carmine Crocco, fu protagonista di numerose rappresaglie ai danni di ricchi possidenti e militari del regio esercito. Morì a 31 anni, giustiziato assieme al fratello dalla Guardia Nazionale Italiana il 13 marzo del 1864.

3.   Ugo Foscolo, Dei Sepolcri, versi 47-50

4.   Il Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II, meglio conosciuto con il nome di Vittoriano o Altare della Patria è un monumento nazionale progettato da Giuseppe Sacconi, posto sul Campidoglio a Roma. Da quando, nel 1921, accolse le spoglie del Milite Ignoto, il monumento assunse una nuova valenza simbolica e quello che era stato pensato inizialmente come monumento dinastico, divenne definitivamente una celebrazione dell'Italia unita e della sua libertà. Per erigerlo fu necessario, fra il 1885 e il 1888, procedere a numerosi espropri e demolizioni nella zona adiacente il Campidoglio, effettuati grazie a un preciso programma stabilito dal primo ministro Agostino Depretis. Si procedette così alla demolizione di un vasta area di origine medioevale abbattendo la Torre di Paolo III, il cavalcavia di collegamento con palazzo Venezia (l'arco di S. Marco), i tre chiostri del convento dell'Ara Coeli e tutta l'edilizia minore presente sulle pendici del colle.

5.   Mario Rapisardi (Catania, 25 febbraio 1844 – Catania, 4 gennaio 1912) fu un poeta e docente universitario catanese, soprannominato “il Vate Etneo”. La frase in questione è citata nel “Commentario Rapisardiano”.

6.   Rivisitazione dei versi 30 e 38 del “Canto notturno di un pastore errante dell'Asia” di Giacomo Leopardi, contenuto nei Canti, raccolta poetica uscita nel 1835

7.   Si fa qui riferimento alla massima filosofica di uno dei più grandi pensatori tedeschi del XIX secolo, nonché di tutta la filosofia occidentale moderna, Arthur Schopenhauer (Danzica, 22 febbraio 1788 – Francoforte sul Meno, 21 settembre 1860) che nella sua opera Il mondo come volontà e rappresentazione ebbe a dire: “La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per l'intervallo fugace e per di più illusorio, del piacere e della gioia”.