lunedì 23 marzo 2015

"Discorso sopra l'Italia, patria mai nata" - Capitolo VII


DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi


- Capitolo VII - 


Così lo Generale compì la su' eroica e folle impresa in nome de lo diavolo Vittorio Emanuele, l'unico che pur non appoggiandolo apertamente non si mostrò di certo contrario alla spedizione dei mille a patto che l'Eroe si tenesse ben alla larga da Roma, all'epoca sotto lo controllo francese di Napoleone III con lo quale i sabaudi stabilirono in segreto un patto di non belligeranza.
[1]
Questo fu, forse, lo più grande errore del guerriero nostro, che pur di non venir meno alla parola data e di far di Te nazione unita, consegnò un intero Regno, quello delle due Sicilie, dopo averlo liberato dal giogo de' Borboni fra mille peripezie e battaglie epiche e ali di folla che lo scortavano di paese in paese venerandolo come un santo, nelle mani sporche d'un altro monarca. E fu a Teano ch'egli stesso, un secondo dopo aver stretto la mano a lo Re e ricevuto da questi l'ordine di farsi da quel momento in poi da parte, capì d'aver immolato alla santa causa dell'unità un bene assai più grande, non barattabile e per lo quale lui e li suoi uomini versarono sangue: la libertà.
Di lì in avanti colui che più di tutti contribuì materialmente a fare l'Italia divenne per l'Italia (o meglio per lo suo governo) 'l nemico pubblico numero uno. “El Diablo”, così nomato in sud America, furente, ingestibile, ostinato e inarrestabile, lo biondo guerrigliero capace d'ogni impresa, confinato a Caprera ove si caricò d'ira e di furore e da dove ripartì per cento volte armato di fucile contro li nemici dell'umanità e de' la su' patria, con spirto anarchico e ribelle, con indomita perseveranza, puntò lo sguardo verso Roma e andò pugnando colà ove anni prima stremato dal dolore se ne fuggì portando 'n braccio per chilometri l'Anita sua morente, mentre venìa rincorso da' nemici. Di lì in poi, con forza cieca, sempre tentò ma invano di prender Roma e di liberarla da lo despota papale, contro il voler de lo governo italico fantoccio de' francesi, al comando de' suoi fedeli volontari garibaldini. Eserciti leggendari di giovanissimi e indomiti sognatori al seguito e agli ordini soltanto de lo Duce loro, furon epici come i mirmidoni d'Achille o i 300 di Leonida, quando accerchiati e catturati e messi agli arresti e poi torturati e derisi e fucilati e sciolti nella calce a Fenestrelle assieme a' borbonici e a' briganti, non cedettero le armi all'oppressore, né tradirono l'ardente principio che li animava. Eran medici, ingegneri, contadini, aristocratici, insegnanti, vecchi e giovani e sempre inferiori di numero rispetto a lo nemico ma sostenuti da un ideale potente come l'amore che move il sole e l'altre stelle
[2]; essi guidati alla carica folle e disperata d'un genio militare de la guerriglia, d'un pazzo sanza paura, partivano all'assalto di eserciti sterminati come tante meteore infuocate, mal equipaggiati e all'arma bianca al grido immortale di: “Roma o morte!”.
Perciò due anni dopo l'impresa de' mille, al comando di 4000 garibaldini in marcia verso la città etterna, lo Stato Italiano per ordine de lo Re Vittorio Emanuele mandò i bersaglieri a sbarrare la strada a lo Duce, ad assassinare colui che solo qualche tempo prima gli aveva donato un Regno intero. 

E quale migliore occasione per far fuori lo nostro Eroe se non con un'imboscata all'Aspromonte? Quale occasione più ghiotta, come scrisse Achille Bizzoni (lo patriota e padrino de lo grande Felice Cavallotti[3]) “per sbarazzarsi finalmente dell'importuno condottiero che umiliava la corona con la sua gloria e la sua popolarità mondiale, assiso su un trono ben più alto di quello de lo sovrano, ridotto ad essere il secondo nel suo regno. L'importuno condottiero eternamente ribelle anche allorché regalava terre conquistate senza aiuto alcuno; l'importuno... che a tante notti insonni costringeva la diplomazia”.[4]



1.   Gli Accordi di Plombières furono accordi verbali segreti, stipulati fra l'Imperatore Napoleone III di Francia e il Primo ministro del Piemonte Cavour, nella cittadina termale di Plombières in Francia, il 21 luglio 1858. Gli accordi stabilirono la guerra di Francia e Piemonte all’Austria e il futuro assetto della penisola italiana, che sarebbe stata divisa in sfere d’influenza francese e piemontese, con i primi a controllare i due terzi della penisola e dunque anche Roma e i secondi ad acquisire il controllo di tutto il nord d'Italia.

2.   Dante Alighieri, Paradiso, canto XXXIII, ultimo verso

3.   Felice Cavallotti (Milano, 6 ottobre 1842 – Roma, 6 marzo 1898) è stato un politico, poeta, drammaturgo e patriota italiano, fondatore dell'Estrema sinistra storica, movimento attivo tra il 1877 e l'avvento del Partito Radicale Italiano (1904). Fu soprannominato "il bardo della democrazia". Volontario garibaldino in gioventù, benché la sua fama sia oggi molto inferiore a quella di Mazzini e Garibaldi presso il grande pubblico, all'epoca era considerato il vero erede politico dei due eroi del Risorgimento. Politico idealista e appassionato, combatté molte battaglie per la giustizia sociale e una società autenticamente libera, oltre che contro la corruzione e il colonialismo della classe dirigente crispina. Cavallotti fu considerato il capo incontrastato dell'estrema sinistra nel parlamento dell'Italia liberale pre-giolittiana. Morì tragicamente a 56 anni, dopo essere stato ferito gravemente in duello dal giornalista conservatore Ferruccio Macola, gli fece da padrino nel duello Achille Bizzoni.

4.   Achille Bizzoni (Pavia, 5 maggio 1841 – Milano, 21 settembre 1903) è stato uno scrittore e giornalista italiano inviato del quotidiano nazionale Il Secolo, allora il più diffuso in Italia. Fu un forte oppositore della politica del governo monarchico italiano. La frase in questione è tratta dal libro Garibaldi nella sua epopea”, opera memorialistica garibaldina del 1905.


venerdì 20 marzo 2015

"Il dannato della settimana" - L'esercito del Porno-Nano


Canto IV - L'esercito del Porno-Nano



Così giugnemmo presso Malebolge
sempr'io con lo Poeta a la man destra
indo' Destra italiana vi si scorge.

Lo capo che li altri quivi addestra
e c'entra in quasi tutti li gironi
ha nome Silvio e asfalto sulla testa

et ogni giorno cambia posizioni
come facea su lo letton de Putin,
or fa l'istesso qui e rompe coglioni

a tutti li dannati detenuti.
Codesto nell'Infern non ha rivali
che pur Satana porge a lui i saluti

e quasi che lo invidia pe' i su' mali.
Noi lo trovammo fra li seduttori
poiché di sopra avea pieni li pali

di donne che ballando a cul di fòri
per stare al gioco suo e farsi abbordare,
in cambio po' chiedevano favori.

"E non l'avete fatto carcerare?"
me fece 'l Duca colto da sospetti
 et io: "Fu l'utilizzator finale

le troie le portava i su' amichetti,
 stando a Ghedini e assieme a quelle c'era
colei ch'andò in questura, la Minetti.

Però quel dì no in veste d'infermiera
ma come consigliera regionale
per tirar fòri minorenne nera

spacciandola per la nipote reale
d'un tal che per coerenza da quel giorno
Mubarak Rubacuor s'ha da chiamare".

 "E tutti li smerdati che ha dattorno?"
me chiese 'l Savio mio puntando 'l dito
poco più avante, di retro al Nano-Porno.

"Coloro fecer parte del partito
e furo grande schiera de ruffiani
tutti appecoronati al pervertito".

Verdini, Minzolini e po' Schifani
lo qual cognome mai fu più azzeccato
or stanno con la merda infino a' crani

e lingue in bocca e non sul cul del capo.
Di retro veggo Feltri e tanto appesta
che torce labbro a Facci lo mechato

e fa distrarre un poco pure Vespa
intento a far lo plastico d'inferno
con plastica che Santanché le presta.

Su un ceppo intanto avea man sullo sterno
un tal come un poeta che decanta
 le lodi allo suo amato amore eterno,

perciò di certo è Bondi e un ci si scampa
nemmen quaggiù da versi tanto acerbi,
poesia di merda in mezzo a merda tanta!

Difatti gli urla "capra" pure Sgarbi
che 'n quel momento avea sterco a' ginocchi
e per Brunetta assai pochi riguardi

 "N'do cazzo vai che dopo qua non tocchi?!"
gridava sotto a lui allo poveretto
c'avea la merda fino a sopra li occhi.

E noi radenti a loro in sul muretto
con passo svelto in questa lercia sede
 'ndavamo fra i La Russa e fra i Cicchitto,

  fra i Bonaiuti et altre marce mele.
Vedemmo anch'uno che facea fellazio
al Porno-Nano e a me pareva Fede

et ebbi poi conferma dallo strazio
con cui lo Capo schifo 'l mandò apposto
 dicendo: "Cribbio Emilio un so' Marrazzo!".

Brachino intanto s'aggirava tosto
coi calzetton turchesi de Mesiano
smerdati ed uno Diavolo nascosto

seguendolo dicea "Or sì che è strano!".
 A latere Scajola a sua insaputa
frattanto aveva comprato occhiali a Alfano

che un vede manco se uno gli ci sputa,
tant'è che gli cacavan 'n testa tutti
e manco a dirlo, lui merda non fiuta.

Lo Dotto mio spaurito da quei mostri
gridò accostato a me: "C'è uno vampiro!"
et io calmando dissegli: "È Sallusti...

paura lui semmai facea da vivo,
 adesso è migliorato anco se è vero
ch'accanto a lui Belpietro pare un divo".

Nel mentre che cotesto gli dicevo
vedea uno mongoloide punzecchiare
lo diavolaccio de 'sto cimitero

che stava a guardia e non riuscìa a spiegare
al tal che sanza dubbio era Gasparri
che non poteva esse carnevale

e che un sarebber mai passati i carri.
Ma quello: "Sai che c'è, bel costumino?
io e Razzi ci si veste da tamarri!

Così s'allarga un poco 'sto festino,
che sol te mascherato fai un po' pena
ma assieme a noi vedrai che figurino!".

Lo diavolo frustandol sulla schiena:
"È come da nerbate al pan di spagna,
mi fanno dole i bracci e unn'ho più lena

 e questo ancor sta qua che mi si lagna!".
Sull'ultimo vedemmo Capezzone
in pose sexy assieme alla Carfagna

contorcersi ambedue ne lo melmone
co' l'occhi spalancati ch'ormai è noto
che sbatton ciglia sol se vuol 'l padrone.

Lo Sommo ch'avea i suoi persi nel vòto
me fece: "Veggo bene che cotesti
son tutti compaesan che vanno a nòto

ma dimmi che non han regnato questi!".
Et io seppure mosso a compassione
rispuosi: "Duca mio, mo' stamo freschi...

Codesta armata di Brancaleone
per anni ha governato lo Paese"
"Madonna mia mi piglia un coccolone!"

me fece quello Savio e 'l nano appresso
"Se vuoi un bel coccolone chiamo Giampy
che quello ci sistema per l'amplesso!".

"N'ho visti di ingrifati in altri tempi
ma come questo mai, sarà l'inferno!"
"O Duca mio vien via, Dio ce ne scampi

che questo tromba pure 'l Padreterno!".

 

venerdì 13 marzo 2015

Telegrammi dalla Giudecca - N° 03



Telegramma n°03
del 13/03/2015 ore 14:12
Parole tassate n°121
IVA secondo vigente normativa
Importo: 6,66 a carico del destinatario 
            
                 
     Ricevente: On. Ministro 
 Maria Elena Boschi
Presidenza del consiglio dei Ministri
Largo Chigi 19, 00186 Roma



Testo del dispaccio:
Come prassi le annunziamo futura destinazione infernale STOP Finire di spazzare Leopolda et cominciare a preparare beauty case da viaggio STOP Sua Maestà Lucifero intende affidarle compito a lei più congeniale, assegnandole parrocchia et nominandola Suor Boschi, addetta alla lavanda dei piedi dei dannati STOP Farsi fare ultima treccina, laccarsi le unghie, salutare Renzi et portarsi appresso mezza banca Etruria, vale a dire padre et figlio et spirito santo STOP Quivi verranno riconvertiti in ghiandole anali di S.M. et uspulse una volta al mese per reunion familiare STOP Nell'attesa della sua venuta, le porgiamo nostre più monacali cordialità, togliendoci calzini anzitempo
PS Bruciare tailleur blu     
PPS Informi la Madia che subirà stesso suo trattamento et insegni lei a mangiare gelato
    
     
Mittente: Segreteriato della Presidenza degli Inferi
Provenienza: Lago di Cocito
             Via Nono cerchio 34, zona Giudecca
             CAP 0666 
             Inferno


Copia autentica

giovedì 12 marzo 2015

"Discorso sopra l'Italia, patria mai nata" - Capitolo VI


DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi

  
- Capitolo VI - 


Oh... Mazzini. La “Giovine Italia”, ricordi quale sogno fosse? La romantica setta carbonara che volea spazzar via i tiranni dalla Terra, che volea un'Italia finalmente unita, libera e repubblicana e con lei tutti li altri Stati. Ricordi o no codesto movimento rivoluzionario per lo quale giurarono personalità di tutta Europa, compreso lo Generale nizzardo, eroe non solo nostro ma del mondo intero? Garibaldi... lo vero Don Chisciotte, quello fatto di carne e non d'inchiostro, camicia rossa e poncho uruguaiano, che 'n sella al suo destriero si gettava contro l'ingiustizia e l'oppressione. Lo so Italia mia c'avverti un brivido. Che pare un sogno lontano, un omo mai esistito. Garibaldi, figlio tuo prediletto, non basterebbe tornar indietro di mill'anni per trovar un altro condottiero degno, che si sia battuto soltanto per i popoli e la liberazione d'essi, per spirito de rivolta e fratellanza anziché per vanagloria, ricchezze e potere come un Napoleon qualunque.
Bisognerebbe tornar indietro di mill'anni e forse non basterebbero neppure, per veder calpestare la terra tua in contemporanea da due giganti della storia come Mazzini e Garibaldi. Risalire a' tempi antichi e non sanza difficoltà, da lo momento che li sopracitati non combatterono mai l'uno contro l'altro, com'ebbero a fare ad esempio Scipione e Annibale
[1], ma sempre da la stessa parte. E forse è proprio per questo che sei unita oggi, Italia mia. Perché quello che nessuno era più riuscito a fare da lo tempo dell'antica Roma, è stato fatto proprio da que' due briganti che lo destino ha voluto mettere a respirar la stessa aria, gli stessi ideali, la stessa patria, financo la stessa epoca.
E poi? Ricordi poi come finì? Lo '48, le rivolte, le repubbliche cadute, li martiri, le fucilazioni, l'assedio di Roma, Anita, Ugo Bassi e Ciceruacchio, la costituzione romana, la fuga a Venezia e Garibaldi sul Gianicolo
[2]. Tutto uno gran fermento e tutto alla malora. Così li grandi princìpi repubblicani tramontarono, soffocati da li eserciti stranieri e l'idee mazziniane cedettero ben presto lo passo a lo monarchico ministro piemontese e allo suo baffuto Re[3], entrambi astuti come linci. Questi da quel momento, manovraron così abilmente le lor pedine sullo scacchiere politico della storia, da accomodar gli eventi ne lo modo migliore per le loro tasche e la lor sopravvivenza. “A Re malvagio, consiglier peggiore[4] dicea 'l Torquato Tasso e tanto avea ragion di dir nel suo capolavor maggiore. Li due affaristi infatti, dopo la sciaurata guerra di Crimea che costò a lo Regno di Sardegna migliaia di uomini e lo rischio d'un imminente bancarotta, si rivelaron diabolici strateghi al punto tale che l'unità nazionale in quel momento, sembrava potesse concretizzarsi solo tramite loro. Persino Mazzini e Garibaldi, entrambi simboli repubblicani et entrambi perseguitati e condannati a morte da lo stato Sabaudo, misero da parte gli ideali in favore dell'unità. Com'ebbe a dire in seguito la nobildonna Cristina di Belgiojoso[5]: “L'albero era stato piantato, con delle radici malate ma era stato piantato”, attenendosi perciò a lo vecchio concetto dell'Alighieri di far l'Italia a costo de strigner patti col Diavolo.





1.   Publio Cornelio Scipione detto l'Africano (Roma, 235 a.C. – Liternum, 183 a.C.) e Annibale Barca (Cartagine, 247 a.C. – Libyssa, 183 a.C.) furono due tra i più grandi generali di tutti i tempi che nel 202 a.C. si scontrarono nella famosa battaglia di Zama, dando vita ad uno scontro epico dove il romano ebbe la meglio ottenendo una completa vittoria, nonostante l'enorme valore tattico mostrato anche in quell’occasione da Annibale.

2.   Si fa qui riferimento alla rivoluzione del 1848, detta anche La primavera dei popoli, che scoppiò in tutta Europa con lo scopo di abbattere i governi della Restaurazione per sostituirli con governi liberali. La miccia che diede fuoco alle polveri partì a Palermo dove gli insorti riuscirono a scacciare i Borboni. L’isola si dichiarò così indipendente ma nel breve volgere di un anno l’esercito borbonico avrebbe avuto la meglio sugli insorti. Quanto accaduto in Sicilia però, ebbe importanti ripercussioni. Nello stesso Regno delle Due Sicilie, Ferdinando II fu obbligato a concedere una Costituzione, imitato in seguito da Leopoldo II di Toscana e soprattutto, da Carlo Alberto di Savoia che concesse, nel 1848, quello Statuto destinato a diventare la Costituzione del Regno d’Italia. Intanto la rivoluzione che avanzava in tutta Europa colpì anche l’Impero d’Austria e la stessa Vienna. I territori italiani dell’Impero, il cosiddetto Regno Lombardo-Veneto, ben presto si infiammarono dando vita alle famose Cinque giornate di Milano che portarono alla proclamazione di un governo provvisorio. I patrioti dopo aver battuto lo straniero, sperarono nella riscossa. L’iniziativa fu presa dal re di Sardegna Carlo Alberto che varcò in armi il Ticino. Sotto pressione dei rispettivi sudditi anche Leopoldo II di Toscana, i Borboni e perfino il papa furono costretti a partecipare alla lotta. Era la Prima guerra d’indipendenza nazionale. Ma i sovrani italiani guardavano con sospetto alle ambizioni espansionistiche dei Savoia. Inoltre lo Stato pontificio si trovava nella scomoda posizione di essere in guerra contro uno Stato cattolico. Pio IX si ritirò, seguito immediatamente dagli altri sovrani. Il Regno di Sardegna da solo, non resse l’urto del ritorno degli austriaci. Milano cadde in agosto. Venezia dove si proclamò la Repubblica di San Marco, poco dopo. Tutti i moti europei del '48 vennero soppressi e i governi precedenti ripristinati. Stessa sorte toccò alla Repubblica Romana di Mazzini, eroicamente difesa da Garibaldi, che fu però impotente quando nel '49, il papa fu reinsediato dall’intervento armato della Francia dove l’esperienza rivoluzionaria si era esaurita e il potere era passato nelle mani di Luigi Napoleone Bonaparte, futuro Napoleone III. La breve esperienza della Repubblica Romana portò però alla stesura della Costituzione che fu poi la base per quella del 1946. I patrioti che difesero Roma tentarono in seguito la fuga verso Venezia; Anita Garibaldi, figura leggendaria del Risorgimento e moglie del Generale, morì nei pressi di Ravenna a soli 28 anni, febbricitante ed incinta mentre assieme all'Eroe nizzardo tentava di sfuggire agli austriaci. Il religioso Ugo Bassi fu invece catturato presso Comacchio e fucilato senza alcun processo vicino alla Certosa. Stesso tragico epilogo per l'oste romano Angelo Brunetti detto Ciceruacchio che fu barbaramente fucilato a Porto Tolle assieme al figlio di 13 anni.

3.   Si fa qui riferimento a Camillo Benso conte di Cavour e Vittorio Emanuele II di Savoia, rispettivamente Presidente del consiglio e Re del Regno di Sardegna.

4.   Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, canto II, verso 16

5.  Cristina Trivulzio di Belgiojoso (Milano, 28 giugno 1808 – Milano, 5 luglio 1871) è stata una patriota, giornalista e scrittrice italiana che partecipò attivamente al Risorgimento. Finanziò sommosse organizzando da Parigi movimenti di armi per i ribelli italiani. Fu editrice di giornali rivoluzionari e molte sue opere sono incentrate sugli anni della prima guerra d'indipendenza.



martedì 10 marzo 2015

"Il dannato della settimana" - Beppe Grillo


Canto III - Lo satiro gridante




"Blog Satàn, blog Satàn aleppe!"
ce disse e un si capì parole punte
 lo satiro sboccato detto Beppe,

ch'avea li piedi drento al Flegetonte.
 Et io che riconobbi suo linguaggio
provai ad avvicinarme col mi' Conte,

 ma li dannati come 'ntorno a un saggio
faceano mucchio e aizzati urlavan alto
che lo wi-fi quaggiù non piglia raggio.

 "Chi l'è quel ciarlatano la 'n risalto
ch'appena gliè arrivato nell'inferno
ha già fatto seguaci per l'assalto?".

Rispuosi al Savio mio: "Lo padreterno
glie diede grandi doti da giullare
ma questi da lo sfotter lo governo

passò ben presto quasi a governare.
Così confuso tra le du' carriere
 nel dubbio 'l su' comizio avei a pagare".

"Codesto già mi sta sullo sedere!"
  me disse 'l Sommo da Signor qual dice,
che 'l satiro l'sentì fra le su' schiere:

"Ma vaffanculo te e la tu' Beatrice!"
e tutti a pappagallo a andagli dietro 
di "zoccola" e "baldracca" pòra Bice.

Lo Tosco s'avanzò d'un altro metro
sicché lo tenni bòno e lo persuasi
che 'l fiume era di fòco e non di vetro.

"Se vengo lì comincio a staccà nasi!"
e dopo a me "ma indo' lo tenevate?",
rispuosi: "Nacque fra li genovesi".

E 'l Dotto che a quei già l'avea cantate
tirò giù tutti i santi del creato
madonne e gesù cristi ivi comprese,

poiché lo suo disio non fu ascoltato.
"Lo genovese" dissi "è furbo assai
e non è raro che chi l'ha insultato

di colpo po' la pensi come lui".
E proprio mentre questo andavo a dirgli
lo satiro facea a' dannati sui:

"L'inferno è cosa vecchia cari figli
stampandolo in 3d se po fa nòvo!"
E tutti: "Cazzo, guarda che consigli!".

"Giudizio mio non cambia" fece 'l Probo.
"Ma dagli tempo" dissi "ha gran talento
da vero incantatore e demagogo.

Fondò partito detto Movimento
che «a riveder le stelle» avea per motto
e gente improvvisata in Parlamento".

"E un mi pagò i diritti manco morto!"
sbuffò 'l Maestro e 'l Grillo là distante:
"Fanculo 'l copyright! Che venga tolto!"

e gli altri: "Vaffanculo pure a Dante!".
"Non dar ascolto o Sommo, ha manie grandi
 e modi assai da despota sprezzante

 che chi provava a uscire un po' da' ranghi
 venìa gittato 'n pasto a la su' folla,
e qui non cambia 'l modus operandi

difatti ha solo fatto copia e incolla". 
"Ma allor perché è nel cerchio d'assassini?"
  me dimandò nel giusto la mi' spalla.

"Motivo del perché fu messo quivi
è più per forma che per la sostanza
 poiché per sbaglio fece male a' vivi

e quei tre morti ormai ha sulla coscienza".
Lo satiro frattanto ch'io parlava:
"Ci vol reddito di cittadinanza!"

e tutti: "Cazzo, noi un ci si pensava!".
Nel tempo ch'ero stato lì col Conte
già 'l comico avea iscritti e inaugurava:

meetup sezione Inferno-Flegetonte.
E urlava: "Via co' la raccolta firme
per chiedere al demonio un nòvo camper!"

"Di certo ci sa far" cominciò a dirme
et io a lo Savio: "E pensa che 'l su' greggio
l'ha fatto grazie a un tal che ha zero charme

e manco un parrucchiere, Casaleggio.
Codesto guru dell'informazione
profetizzò sciagure e anche di peggio

et ora nella bolgia in cui si pone
ha 'l collo torto e assieme agli altri maghi
s'è accorto che ha sbagliato previsione

che a dì troppe cazzate poi le paghi".
 "Evviva 'l Movimento 5 Stelle!!"
gridava intanto l'altro e i su' sodali.

"In movimento io c'ho sol le palle!"
me fece il Duca sempre meno Duca
 e più simile ai modi de quel folle.

Ond'io: "Mi sa che a te codesta buca
ti urta e ti contagia" dissi al Sommo
e sì che lui annuiva, il Fanfaluca

bèrciava che lo Cielo stava colmo
sol di raccomandati e minacciava
d'aprirlo come scatola di tonno.

"San Pietro fa la guardia di 'sta fava!",
"Ci vole trasparenza!" disse un altro,
"Oh cinque stelle, il Paradiso chiama!".

 Lo Dotto stufo assai se fece largo
e fecemi: "Or quel che è troppo è troppo,
vedrai lo rmetto subito in letargo"

e dandogli sul capo uno cazzotto
me disse: "Adesso si che so' contento,
   gli ho fatto vede le su' cinque stelle

e le mi' palle un so' più in Movimento!".




lunedì 9 marzo 2015

Telegrammi dalla Giudecca - N° 02



Telegramma n°02
del 09/03/2015 ore 12:20 
Parole tassate n°135
IVA secondo vigente normativa
Importo: 6,66 a carico del destinatario


Ricevente: Boldrini Laura
Ufficio di Presidenza della Camera
Palazzo Montecitorio
00186 Roma


Testo del dispaccio:

Sua Maestà Lucifero est lieto comunicarle sua futura dimora STOP Aperitivo di benvenuto all'ingresso, con somministrazione obbligatoria cocktail pece bollente per scioglimento corde vocali di lei STOP Inferno salvo et esaurimenti nervosi prevenuti STOP Riassegnazione impiego ad uso esclusivo di Sua Maestà come cotton fioc part-time in lingerie et in giorni festivi a sollazzo di Lui stile 50 sfumature di grigio STOP Sfruttare ultimi giorni sulla terra per ripetere "Mattarella" aut "bianca" quanto possibile, bere verdicchio, provare a ridere et fare conclusivo monito sul femminicidio, dopodiché verrà quivi accolta in rilassante Spa con trentun mandingo astinenti ove le sarà impossibile applicare ghigliottina STOP In attesa di poterle indirizzare insulti sessisti, le mandiamo nostre più distaccate et istituzionali cordialità, certi di rifarci quanto prima

PS Ci saluti Vendola
PPS Anche da parte dei mandingo



Mittente: Segreteriato della Presidenza degli Inferi
Provenienza: Lago di Cocito
             Via Nono cerchio 34, zona Giudecca
             CAP 0666 
             Inferno
   

Copia autentica

venerdì 6 marzo 2015

Telegrammi dalla Giudecca - N° 01



Telegramma n°01
del 06/03/2015 ore 13:00
Parole tassate n°99
IVA secondo vigente normativa
Importo: 6,66 a carico del destinatario 

                             
                             Ricevente: Ex On. et Cav.
 Berlusconi Silvio
Villa San Martino
20862 Arcore (MB) 

Testo del dispaccio:

Lieti annunziarle sua venuta futura STOP Preparare bagagli per posto fisso concessole da Vostra Maestà Lucifero et mettersi anima in pace STOP Alloggio in suo basso orifizio, vista interno, consigliabile periodo astensione da lifting onde evitare puzzo plastica arsa STOP Non sono ammessi animali, salutare Dudù, Vostra Maestà L acconsente parigrado in via eccezionale portarvi appresso Bondi Sandro aut Fede Emilio a scelta di Lei et a patto di raccogliere bisogni loro STOP Sperando con questa di farle cosa sgradita, le porgiamo nostre più infuocate affettuosità STOP Non si ecciti

PS  Finire di pagare olgettine
PPS non in natura

         

Mittente: Segreteriato della Presidenza degli Inferi
Provenienza: Lago di Cocito
             Via Nono cerchio 34, zona Giudecca
             CAP 0666 
             Inferno 



Copia autentica