DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi
- Capitolo XV -
Accadde
che 'l Trattato de Versailles scontentò tutti e fu alla
base della seconda apocalisse, che
scoppiò propio perché se fece tutto pur
de
non farla scoppiare, co' francesi e inglesi che per paura d'una nôva
guerra concedettero a uno folle d'invadere impudentemente
Austria
e Polonia. E
'n quanto a noi, le
terre promesseci a Londra non arrivarono e l'esaltato principe
pescarese1
coniò così
'l
motto de la vittoria mutilata. Ah se avesse continuato a dedicarse
alla poesia soltanto
anziché 'nfiammar gli animi de'
nôvi nazionalisti occupando Fiume.2
Accadde
che nel
'29 la crisi impoverì li popoli europei e li riempì di focolari di
scontento.
Accadde
che su que'
focolari vi soffiò uno romagnolo che mise 'n moto 'l destino del
mondo, che come un magnete attirò su di sé l'insoddisfazioni tutte,
che riempì l'Italia di nôvi simboli d'un sol colore, che ammaliò
le folle sguainando la mascella con false promesse de risorgimento,
con
falsi gesti e falso imperio.
Che
bardato a lutto s'aprì la strada tra i fori della Roma antica,
drizzando 'l
braccio a rievocar l'arcaico saluto e ponendose come un novello
Cesare. Ave o italico duce de disgrazie! Ave
a te o tragico impostore!
Giove
capitolino lo guarda da l'olimpico
Campidoglio mentre sfila a passo d'anatra co' sua 30.000 fasci a
pigliar lo Stato3.
Lo guarda mentre de comune accordo lo savoiardo Re4
glielo concede. Lo guarda e non fa motto quando du' anni dopo manda i
sicari, investiti del potere d'Atropo5,
a recidere lo stame del capo socialista Matteotti6. Et come disse Seneca: "Cui prodest scelus, is fecit".7
È
finito 'l
tempo degli dei, vecchi
e nôvi. Codesto sarà 'l secolo delle
bestie, d'anime impaludate nella fanga, dimentiche
degli astri, che come porci smerdati sgraveranno idiozie nelle
quali, sanza badar, affogheranno. Sarà 'l secolo de' tecnologici
bruti ricurvi
a terra,
ciechi ne la ragione e muti ne
la
pietà, che ferventissimamente arderanno d'una fede asettica e
metodica verso
la blasfema e industrializzante ideologia de la morte, ch'arderà a
sua volta le
carni e
l'ossa
e gli spirti de li esseri umani rimasti. E
le folle... oh le folle, le oceaniche folle d'Europa, di quell'Europa
civilizzata da' romani e cristiana divenuta e umanistica fattasi
donna, le folle della romantica Europa, riempiranno le piazze d'una
orgiastica passione e plaudenti e al corrente delle fabbriche
annienta-omini, tutti, a una sola voce, li commenderanno.
O
qual vergogna subisti da colui che ti levò la turrita corona8,
per tenerla pria
per sé solo e poi per gettarla a' piè d'un pazzo germano? Qual
vergogna t'insudiciò lo scettro o dolce Esperia?9
Qual fu più grande di quella che ti vide al fianco de' più
terribili carnefici dell'omo? Ben provide Natura al nostro stato, quando de l’Alpi schermo pose fra noi et la tedesca rabbia10, ma lo pitbull romagnolo che tanto amava sparlar de Dante, non considerò mai Petrarca e te mise come ridicola alleata al servizio propio de' tedeschi o meglio a bàlia, imperocché tanto maldestra quanto impreparata, fosti più un peso pel crudel crucco, ch'altro. E li tuoi figli? Sciaurati che mai non fûr vivi!11 Per vent'anni sottostarono da che esperienzia ebbero ammassata ne' secoli addietro, indove come belanti pecore, or quinci or quindi, al despota di turno con 'gnavia politica acconsentivano. Sciocche e irrecuperabili masse che trucidaste il Nazzareno, a quando piglierete coscienza dello scempio? Vili et esecrande masse, d'allora non maturaste ingegno alcuno!
1. Gabriele
D'Annunzio (Pescara,
12
marzo 1863 –
Gardone
Riviera,
1º
marzo 1938)
dal 1924
Principe
di Montenevoso. Fu
uno scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico e giornalista
italiano, simbolo del Decadentismo e celebre figura della prima
guerra mondiale. In seguito al Trattato di Versailles che scontentò
l'Italia, coniò la locuzione di “Vittoria mutilata” in
riferimento ai territori promessi e non concessi
al nostro paese.
Proprio a tal motivo si fece portabandiera delle terre irredenti ed
occupò militarmente Fiume. Soprannominato il Vate, cioè "il
profeta",
fu
cantore
dell'Italia umbertina e
occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889
al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924, venendo
così celebrato dal nascente fascismo a cui aderì e di cui divenne
simbolo, pur se i rapporti con tale movimento rimasero controversi
nel tempo.
2. L'impresa
di Fiume consistette nella ribellione di alcuni reparti del
Regio Esercito (circa 2600 uomini tra fanteria e artiglieria) al
fine di occupare la città adriatica di Fiume, contesa tra l'Italia
e il neonato Regno di Jugoslavia. Organizzata da un fronte politico
a prevalenza nazionalista e guidata dal poeta Gabriele d'Annunzio,
la spedizione raggiunse Fiume il 12 settembre 1919, proclamandone
l'annessione al Regno d'Italia. L'occupazione dei "legionari"
dannunziani durò 16 mesi con alterne vicende, tra cui la
proclamazione della Reggenza Italiana del Carnaro. Avendo lo scopo
di influire sulla Conferenza internazionale della pace, l'Impresa
fiumana raggiunse l'epilogo con l'approvazione del Trattato di
Rapallo. L'opposizione dei dannunziani all'applicazione del trattato
portò il governo Giolitti ad intervenire con la forza, sgombrando
Fiume durante le giornate del Natale 1920.
3. Si
fa qui riferimento alla celebre marcia
su Roma, la manifestazione armata organizzata dal
Partito Nazionale Fascista, guidato da Benito Mussolini, il cui
successo ebbe come conseguenza l'ascesa al potere del partito stesso
in Italia. Il 28 ottobre 1922, alcune decine di migliaia di
militanti fascisti si diressero sulla capitale rivendicando dal
sovrano la guida politica del Regno d'Italia e minacciando, in caso
contrario, la presa del potere con la violenza. Negli anni
immediatamente successivi, questo evento venne celebrato come il
prologo della "rivoluzione mussoliniana” e il suo
anniversario divenne il punto di riferimento per il conto degli anni
secondo l'era fascista.
4. Vittorio
Emanuele III (Napoli, 11 novembre 1869 – Alessandria d'Egitto, 28
dicembre 1947) ultimo Re d'Italia (dal 1900 al 1946), succedette al
padre Umberto I di Savoia. Dopo la marcia su Roma affidò il governo
a Mussolini divenendo così un fantoccio del regime, privato d'ogni
potere. Scappato da Roma dopo l'armistizio di Cassabile con gli
alleati, lasciando così la capitale alla mercé dei tedeschi, morì
esule nel 1947 ad Alessandria d'Egitto.
5. Una
delle tre Parche (divinità greche che presiedevano il Fato, su cui
neppure Zeus aveva controllo) che intessevano lo stame della vita di
ogni essere umano. Clòto, la tessitrice che dava il via alla
nascita, Làchesi che svolgeva sul fuso lo stame della vita,
decidendone la lunghezza e il destino e infine Atropo che
inesorabile, con le cesoie recideva il filo, sancendo la morte.
6. Giacomo
Matteotti (Fratta Polesine, 22 maggio
1885 – Roma, 10 giugno 1924) è stato un politico, giornalista e
antifascista italiano, segretario del Partito Socialista Unitario,
formazione nata da una scissione del Partito Socialista Italiano. Fu
rapito e assassinato da una squadra fascista capeggiata da Amerigo
Dumini, per volontà quasi certa di
Benito Mussolini, a causa delle sue denunce dei brogli elettorali
attuati dalla nascente dittatura nelle elezioni del 6 aprile 1924, e
delle sue indagini sulla corruzione del governo, in particolare
nella vicenda delle tangenti della concessione petrolifera alla
Sinclair Oil. Matteotti, nel giorno del suo omicidio avrebbe dovuto
infatti presentare un nuovo discorso alla Camera dei deputati in cui
avrebbe rivelato le sue scoperte riguardanti lo scandalo finanziario
coinvolgente anche Arnaldo Mussolini, fratello del duce. Il corpo di
Matteotti fu ritrovato circa due mesi dopo. In
seguito, durante la Resistenza Italiana il PSI
costituì le Brigate Matteotti, che ebbero tra le loro file, come
dirigente, Sandro Pertini, già compagno di lotta del deputato
veneto.
7. Cioè: "Colui al quale il delitto porta giovamento, quello ne è l'autore" (Lucio Anneo Seneca, Medea, III, vv. 500-501)
7. Cioè: "Colui al quale il delitto porta giovamento, quello ne è l'autore" (Lucio Anneo Seneca, Medea, III, vv. 500-501)
8. Nella
personificazione nazionale dell'Italia, la corona turrita è una
corona muraria con relative torri indossata da una giovane donna.
Questa
rappresentazione allegorica,
che è tipica dell'araldica
civica
italiana, soprattutto di quella relativa ai comuni
medioevali,
trae le sue origini dall'antica
Roma e prima ancora dalla dea anatolica Cibele che così veniva
raffigurata.
9. “Esperia”
è il nome con cui nell'antichità veniva identificata l'Italia. Il
nome derivava dalla radice greca “hespera” cioè “occidente”
e in riferimento al tramonto e dunque alla sera, era il nome della
personificazione del pianeta Venere nella mitologia greca.
10. Francesco
Petrarca, Canzoniere, CXXVIII, vv. 33-35
11. Dante
Alighieri, Inferno, Canto III, v.
64