mercoledì 10 febbraio 2016

"Discorso sopra l'Italia, patria mai nata" - Capitolo XV


DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi


- Capitolo XV -



Accadde che 'l Trattato de Versailles scontentò tutti e fu alla base della seconda apocalisse, che scoppiò propio perché se fece tutto pur de non farla scoppiare, co' francesi e inglesi che per paura d'una nôva guerra concedettero a uno folle d'invadere impudentemente Austria e Polonia. E 'n quanto a noi, le terre promesseci a Londra non arrivarono e l'esaltato principe pescarese1 coniò così 'l motto de la vittoria mutilata. Ah se avesse continuato a dedicarse alla poesia soltanto anziché 'nfiammar gli animi de' nôvi nazionalisti occupando Fiume.2
Accadde che nel '29 la crisi impoverì li popoli europei e li riempì di focolari di scontento.
Accadde che su que' focolari vi soffiò uno romagnolo che mise 'n moto 'l destino del mondo, che come un magnete attirò su di sé l'insoddisfazioni tutte, che riempì l'Italia di nôvi simboli d'un sol colore, che ammaliò le folle sguainando la mascella con false promesse de risorgimento, con falsi gesti e falso imperio. Che bardato a lutto s'aprì la strada tra i fori della Roma antica, drizzando 'l braccio a rievocar l'arcaico saluto e ponendose come un novello Cesare. Ave o italico duce de disgrazie! Ave a te o tragico impostore!
Giove capitolino lo guarda da l'olimpico Campidoglio mentre sfila a passo d'anatra co' sua 30.000 fasci a pigliar lo Stato3. Lo guarda mentre de comune accordo lo savoiardo Re4 glielo concede. Lo guarda e non fa motto quando du' anni dopo manda i sicari, investiti del potere d'Atropo5, a recidere lo stame del capo socialista Matteotti6. Et come disse Seneca: "Cui prodest scelus, is fecit".7
È finito 'l tempo degli dei, vecchi e nôvi. Codesto sarà 'l secolo delle bestie, d'anime impaludate nella fanga, dimentiche degli astri, che come porci smerdati sgraveranno idiozie nelle quali, sanza badar, affogheranno. Sarà 'l secolo de' tecnologici bruti ricurvi a terra, ciechi ne la ragione e muti ne la pietà, che ferventissimamente arderanno d'una fede asettica e metodica verso la blasfema e industrializzante ideologia de la morte, ch'arderà a sua volta le carni e l'ossa e gli spirti de li esseri umani rimasti. E le folle... oh le folle, le oceaniche folle d'Europa, di quell'Europa civilizzata da' romani e cristiana divenuta e umanistica fattasi donna, le folle della romantica Europa, riempiranno le piazze d'una orgiastica passione e plaudenti e al corrente delle fabbriche annienta-omini, tutti, a una sola voce, li commenderanno.
O qual vergogna subisti da colui che ti levò la turrita corona8, per tenerla pria per sé solo e poi per gettarla a' piè d'un pazzo germano? Qual vergogna t'insudiciò lo scettro o dolce Esperia?9 Qual fu più grande di quella che ti vide al fianco de' più terribili carnefici dell'omo? Ben provide Natura al nostro stato, quando de l’Alpi schermo pose fra noi et la tedesca rabbia10ma lo pitbull romagnolo che tanto amava sparlar de Dante, non considerò mai Petrarca e te mise come ridicola alleata al servizio propio de' tedeschi o meglio a bàlia, imperocché tanto maldestra quanto impreparata, fosti più un peso pel crudel crucco, ch'altro. E li tuoi figli? Sciaurati che mai non fûr vivi!11 Per vent'anni sottostarono da che esperienzia ebbero ammassata ne' secoli addietro, indove come belanti pecore, or quinci or quindi, al despota di turno con 'gnavia politica acconsentivano. Sciocche e irrecuperabili masse che trucidaste il Nazzareno, a quando piglierete coscienza dello scempio? Vili et esecrande masse, d'allora non maturaste ingegno alcuno!






1.  Gabriele D'Annunzio (Pescara, 12 marzo 1863 Gardone Riviera, 1º marzo 1938) dal 1924 Principe di Montenevoso. Fu uno scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico e giornalista italiano, simbolo del Decadentismo e celebre figura della prima guerra mondiale. In seguito al Trattato di Versailles che scontentò l'Italia, coniò la locuzione di “Vittoria mutilata” in riferimento ai territori promessi e non concessi al nostro paese. Proprio a tal motivo si fece portabandiera delle terre irredenti ed occupò militarmente Fiume. Soprannominato il Vate, cioè "il profeta", fu cantore dell'Italia umbertina e occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924, venendo così celebrato dal nascente fascismo a cui aderì e di cui divenne simbolo, pur se i rapporti con tale movimento rimasero controversi nel tempo.
 
2.  L'impresa di Fiume consistette nella ribellione di alcuni reparti del Regio Esercito (circa 2600 uomini tra fanteria e artiglieria) al fine di occupare la città adriatica di Fiume, contesa tra l'Italia e il neonato Regno di Jugoslavia. Organizzata da un fronte politico a prevalenza nazionalista e guidata dal poeta Gabriele d'Annunzio, la spedizione raggiunse Fiume il 12 settembre 1919, proclamandone l'annessione al Regno d'Italia. L'occupazione dei "legionari" dannunziani durò 16 mesi con alterne vicende, tra cui la proclamazione della Reggenza Italiana del Carnaro. Avendo lo scopo di influire sulla Conferenza internazionale della pace, l'Impresa fiumana raggiunse l'epilogo con l'approvazione del Trattato di Rapallo. L'opposizione dei dannunziani all'applicazione del trattato portò il governo Giolitti ad intervenire con la forza, sgombrando Fiume durante le giornate del Natale 1920.


3.  Si fa qui riferimento alla celebre marcia su Roma, la manifestazione armata organizzata dal Partito Nazionale Fascista, guidato da Benito Mussolini, il cui successo ebbe come conseguenza l'ascesa al potere del partito stesso in Italia. Il 28 ottobre 1922, alcune decine di migliaia di militanti fascisti si diressero sulla capitale rivendicando dal sovrano la guida politica del Regno d'Italia e minacciando, in caso contrario, la presa del potere con la violenza. Negli anni immediatamente successivi, questo evento venne celebrato come il prologo della "rivoluzione mussoliniana” e il suo anniversario divenne il punto di riferimento per il conto degli anni secondo l'era fascista.

4.  Vittorio Emanuele III (Napoli, 11 novembre 1869 – Alessandria d'Egitto, 28 dicembre 1947) ultimo Re d'Italia (dal 1900 al 1946), succedette al padre Umberto I di Savoia. Dopo la marcia su Roma affidò il governo a Mussolini divenendo così un fantoccio del regime, privato d'ogni potere. Scappato da Roma dopo l'armistizio di Cassabile con gli alleati, lasciando così la capitale alla mercé dei tedeschi, morì esule nel 1947 ad Alessandria d'Egitto.

5.  Una delle tre Parche (divinità greche che presiedevano il Fato, su cui neppure Zeus aveva controllo) che intessevano lo stame della vita di ogni essere umano. Clòto, la tessitrice che dava il via alla nascita, Làchesi che svolgeva sul fuso lo stame della vita, decidendone la lunghezza e il destino e infine Atropo che inesorabile, con le cesoie recideva il filo, sancendo la morte.

6.  Giacomo Matteotti (Fratta Polesine, 22 maggio 1885 – Roma, 10 giugno 1924) è stato un politico, giornalista e antifascista italiano, segretario del Partito Socialista Unitario, formazione nata da una scissione del Partito Socialista Italiano. Fu rapito e assassinato da una squadra fascista capeggiata da Amerigo Dumini, per volontà quasi certa di Benito Mussolini, a causa delle sue denunce dei brogli elettorali attuati dalla nascente dittatura nelle elezioni del 6 aprile 1924, e delle sue indagini sulla corruzione del governo, in particolare nella vicenda delle tangenti della concessione petrolifera alla Sinclair Oil. Matteotti, nel giorno del suo omicidio avrebbe dovuto infatti presentare un nuovo discorso alla Camera dei deputati in cui avrebbe rivelato le sue scoperte riguardanti lo scandalo finanziario coinvolgente anche Arnaldo Mussolini, fratello del duce. Il corpo di Matteotti fu ritrovato circa due mesi dopo. In seguito, durante la Resistenza Italiana il PSI costituì le Brigate Matteotti, che ebbero tra le loro file, come dirigente, Sandro Pertini, già compagno di lotta del deputato veneto.

7.  Cioè: "Colui al quale il delitto porta giovamento, quello ne è l'autore" (Lucio Anneo Seneca, Medea, III, vv. 500-501)

8.  Nella personificazione nazionale dell'Italia, la corona turrita è una corona muraria con relative torri indossata da una giovane donna. Questa rappresentazione allegorica, che è tipica dell'araldica civica italiana, soprattutto di quella relativa ai comuni medioevali, trae le sue origini dall'antica Roma e prima ancora dalla dea anatolica Cibele che così veniva raffigurata.


9.  “Esperia” è il nome con cui nell'antichità veniva identificata l'Italia. Il nome derivava dalla radice greca “hespera” cioè “occidente” e in riferimento al tramonto e dunque alla sera, era il nome della personificazione del pianeta Venere nella mitologia greca.

10.  Francesco Petrarca, Canzoniere, CXXVIII, vv. 33-35

11.  Dante Alighieri, Inferno, Canto III, v. 64


venerdì 27 novembre 2015

"Discorso sopra l'Italia, patria mai nata" - Capitolo XIV


DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi


- Capitolo XIV -

 
Ma al tempo de discorsi nostri, ruppe l'indugi 'l presidente Wilson[1], protagonista al termine de lo conflitto del Trattato di Versailles[2] e pria de lo intervento armato, in guerra che vide morti oltre ogne misura, concimar campi per anni ove sanguine d'ogne razza andava sperso 'n terra et in fiori subitamente estirpati da nôve trincee scavate da' vivi. Soldati a li ordini, ignoranti, per lo più analfabeti, soldati che se scanna per un matto che comanna[3], soldati che de vanga lavorano a scavarse la fossa, soldati marionetta, soldati Charlot[4], omini vivi in mezzo a' morti, che passan dì a non viver attendendo lo respiro ultimo, sanza nemmanco accorgerse d'esser già più d'un metro sotterra.
Codesto fu lo scenario de Grande Guerra che per li Italiani ebbe azione de primo legame. Paradossalmente difatti, fu proprio la guerra, la prima combattuta dopo 'l Risorgimento, a riunire sotto l'istessa divisa, per la prima volta dal tempo de l'antica Roma, tutti li popoli italici che pria per secoli se mossero guerra. Evento d'incontro tra sud e nord, tra piemontesi e siciliani, tra napoletani e veneti che combatterono al fianco et andando a morir assieme divenivan popolo, sovra li cadaveri de li compagni. Popolo, per quanto possibile in codest'etnico mescuglio.
Quale amara fine... e qual buffo inizio. Non v'è niente de più similare alla morte che la guerra, niente de più sinonimo, imperocché tanto di fronte all'una che all'altra siam effettivamente tutti eguali. Tutti fratelli, sanza distinzion alcuna. Et invero perirono assieme non solo uomini di carattere diverso o di diversa idea o geograficamente opposti, ma puro de differente classe sociale. Fu anche qui n
ôva cosa, che intellettuali e contadini, aristocratici e operai, mercatanti e artisti, cadevano l'uno sul grembo dell'altro, azzerando discrepanze come 'a livella de Totò[5]. E codardi morivano da eroi, scoprendo lor patria punti nell'orgoglio d'uno straniero che li vedêa sol come magnoni de' fegato alla veneziana con cipolle, come espressione geografica[6] et insensatezza de popolo e per codesto perirono da nôvi italiani, fatti da zero, d'una sola bandiera, all'istesso modo con cui seguitamente Monicelli li ritrasse su pellicula[7].
Mai tremaron sì forte l'Alpi, che quasi Natura temette per loro, quando cariche d'esplosivo venian fatte schioppare da italiani e austriaci che per distruggerse se distruggean distruggendo. Lagrime de roccia zampillavano da' monti e sotto que' macigni annegavan li soldati tutti che de lagrime ancor più pesanti avrebber fatto poi annegar le lor famiglie.
Oh... qual triste e acquatico circolo vizioso, sapendo che quelle istesse famiglie per consolasse avrebber messo al mondo n
ôvi figli per nôve guerre.
Accadde così che squassato di bombe, 'l confine natural nostro assistea al ridiculo spettacolo, trasformato in groviera e vide la disfatta a Caporetto de Cadorna e lo sfondamento de Diaz sul Piave che liberò Vittorio Veneto e te consegnò Trento e Trieste
[8].
Accadde che i vincitori addossaron tutte le colpe ai vinti, che vennero puniti oltre misura, perdendo parte de' territori, della potenza bellica e imponendoglie un debito per danni de guerra insaldabile sin dal principio, che avrebbe impedito lor qualsiasi margine de crescita economica. La Germania avea sì grandi colpe ma la vendetta non dovea esser la su' pena, perocché da tali imposizioni germogliaron come gran di spelta
[9] l'ideali maligni d'un pittor fallito[10].




1.  Thomas Woodrow Wilson (Staunton, 28 dicembre 1856 – Washington, 3 febbraio 1924) fu il 28º presidente degli Stati Uniti e il secondo appartenente ai Democratici a diventarlo per due mandati (in carica dal 1913 al 1921). Vinse il Nobel per la pace nel 1919 per il suo operato durante il Trattato di Versailles in cui propose di applicare il così detto "diritto all'autodeterminazione" per ogni popolo, inteso come comunità etnica: secondo tale principio infatti ogni etnia doveva avere il suo stato nazionale. Ma Wilson con la sua politica creò pure il più cupo periodo di razzismo nella storia degli Stati Uniti, simpatizzando per il Ku Klux Klan e istituendo la segregazione razziale nel governo federale, per la prima volta da quando Abraham Lincoln iniziò la desegregazione nel 1863, e richiese fotografie dai candidati per posti di lavoro, per determinare la loro razza. Oltre a ciò ebbe un atteggiamento sospettoso per quelli da lui chiamati “Americani col trattino” (ossia tedeschi-americani, irlandesi-americani, etc.) dicendo di essi: «Ogni uomo che porta con sé un trattino, porta un pugnale che è pronto ad affondare nelle parti vitali di questa Repubblica ogni volta possibile».

2.   Il Trattato di Versailles fu uno dei trattati di pace che pose ufficialmente fine alla prima guerra mondiale. Stipulato nell'ambito della Conferenza di pace di Parigi del 1919-1920 e firmato da 44 Stati il 28 giugno 1919 a Versailles, in Francia, impose alla Germania sconfitta pesantissime punizioni sul piano morale ed economico, mentre gli Stati Uniti non ratificarono mai il trattato restando perciò fuori dalla Società delle Nazioni e negoziando una pace separata con la Germania. Il patto di Versailles passò inoltre alla storia perché scontentò incredibilmente sia i vincitori che i vinti.

3.   Trilussa, “La ninna nanna de la guerra”, vv. 19-20.

4.   Riferimento al film “Charlot soldato” di Charlie Chaplin uscito nel 1918 (pochi giorni prima della fine della grande guerra) in cui l'artista denuncia, con le armi della satira e della parodia, la crudele ridicolaggine della guerra di trincea, riscuotendo un enorme successo di pubblico. Il primo d'una lunga serie.

5.   'A livella” è una poesia in lingua napoletana scritta nel 1964 da Totò, in cui il grande comico paragona lo strumento della livella alla morte, immaginando un dialogo surreale fra due defunti, un netturbino e un marchese, col secondo a lamentarsi del primo per aver avuto l'ardire d'essersi fatto seppellire accanto ad un nobile. E il secondo a ricordare al primo che indipendentemente dai titoli nobiliari con la morte si diventa tutti uguali, agendo essa per l'appunto, proprio come fa la livella.

6.   Riferimento a Metternich, cancelliere austriaco dal 1821 al 1848, che pronunciò in merito allo scarso valore politico unitario del nostro paese, la famosa frase: “L'Italia è un'espressione geografica”.

7.  Mario Monicelli (Roma, 16 maggio 1915 – Roma, 29 novembre 2010) è stato uno dei più grandi registi cinematografici, considerato il padre della commedia all'italiana. Si fa qui riferimento ad uno dei suoi più grandi capolavori intitolato “La grande guerra” in cui vengono ripercorsi gli eventi del fronte italiano attraverso la comica vigliaccheria dei due protagonisti interpretati magistralmente da Alberto Sordi e Vittorio Gassman, che alla fine si immoleranno inaspettatamente per la patria, punti proprio nell'orgoglio da uno sfottò culinario di un comandante austriaco, il quale pretendeva importanti informazioni da usare contro l'esercito italiano, pena la fucilazione che così avvenne, trasformando i due vigliacchi in eroi.

8.   Vengono qui menzionati i due eventi più importanti sul fronte italiano durante la guerra. Il primo, la disfatta di Caporetto sull'Isonzo nel 1917 (la più grave disfatta nella storia dell'esercito italiano, tanto che, non solo nella lingua italiana, ancora oggi il termine Caporetto viene utilizzato come sinonimo di sconfitta disastrosa.) dove le truppe austro-ungariche con l'apporto dei reparti d'élite tedeschi, riuscirono a sfondare le linee italiane, che impreparate a una guerra difensiva e duramente provate dalle precedenti undici battaglie dell'Isonzo, non ressero all'urto e dovettero ritirarsi fino al fiume Piave. La tremenda sconfitta, che costò all'esercito italiano trecentomila uomini, portò alla sostituzione del generale Luigi Cadorna (che cercò di nascondere i suoi gravi errori tattici imputando vergognosamente le responsabilità alla presunta viltà di alcuni reparti che invece diedero la vita pur di reggere l'urto dell'attacco nemico) con Armando Diaz. Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva prima battaglia del Piave riuscendo a difendere a oltranza la nuova linea difensiva su cui aveva fatto ripiegare Cadorna. Il secondo evento invece è quello della vittoriosa battaglia di Vittorio Veneto del 1918 che segnò il disfacimento dell'esercito austro-ungarico e la fine della guerra per l'Italia, dopo una durissima battaglia combattuta da entrambi gli schieramenti. Gli Italiani poterono così avanzare rapidamente fino a Trento e Trieste, vittoriosi.

9.  Dante Alighieri, Inferno, Canto XIII, verso 99.

10.  Si fa qui riferimento ad Adolf Hitler e al suo amore giovanile per la pittura (dipingeva con scarsi risultati soprattutto paesaggi urbani in giro per la città) che lo portò, attorno ai 18 anni, a vedersi rifiutare per ben due volte dall'Accademia delle Belle Arti di Vienna.

domenica 14 giugno 2015

"Discorso sopra l'Italia, patria mai nata" - Capitolo XIII


DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi


- Capitolo XIII - 


Perdona mia Patria, o dolce continente de la semenza umana, perdona lor che umani con te non furono e ben sapean quel che faceano sterminando ogn'essere vivente. Ma tu, germoglio dell'umano intelletto, saprai discerner 'l peccator da la su' culla... ché le canaglie non han Patria, se non lo Inferno come nazion futura. E all'Inferno, impunite bestie in Terra, immerse nel Flegetonte[1] fino a li occhi, sconteranno in etterno la lor pena, sanza indulti togliattiani o azariani[2] a far da grazia; lo mostro Graziani[3] e Badoglio[4] e Roatta e Giunta e Pirzio Biroli[5] e tant'altri, trafitti da' Centauri sotto 'l sanguigno fiume, saranno assieme a quei che insabbiaron fatti e volutamente non fecer giustizia anzitempo 'n Terra, per sempre.
Lascio 'l destino infernal de lo falso Duce a tempo debito più avante, non dubitar Italia mia, ch'io non dimentico.
Ma pria vi fu guerra grande. Lo più immenso e stupido conflitto della storia, lo primo a cui partecipò 'l mondo intero, per mire espansionistiche de potenze europee e per affari, soprattutto affari, ignobili e sporchi affari, corsero le nazioni tutte al riarmo e l'industria de la guerra accecata dal profitto soffiò sul fòco, così 'l Kaiser Guglielmo
[6], spodestato Bismarck[7] non perse tempo e ruppe i già fragili equilibri che questi creò con fatica e seminò zizzania. Finché l'erede d'Austria[8] non venne impallinato co' la su' moglie in Serbia, lui che impallinò 'l camoscio albino e che secondo leggenda salisburghese non spetta all'uccisor po' ch'un solo anno. Leggenda s'armò di pistola 'l 28 giugno a Sarajevo e mantenne parola così ch'a lo regnante Umberto ne seguì uno nòvo, come a Gaetano seguì Gavrilo 'l serbo[9]. Du' regicidi europei in 14 anni. E codest'ultimo 'n particolare cadde a fagiolo per l'ipocrite nazioni ch'ebbero finalmente 'l loro casus belli. Era l'alba de lo scontro. E guerra fu, come fu luce un tempo, luce ch'iddio or spenge.
Fa la ninna Italia bella, che se dormi nun vedrai, tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno
[10]. Ma dormisti solo un anno, 'tacci tua e de tu nonno!
Imperocché nel '15 segretamente a Londra firmaron patto affinché scendesti sul campo di battaglia, ancora una volta da la parte opposta a quella in cui t'avean schierata. Allo scoppio de lo conflitto difatti, legata ancor alla Germania e all'Austria, co' le forze disposte in sostanziale equilibrio giocasti ruolo fondamentale, quando 'l governo Salandra in barba al Parlamento che volea restar neutrale, dopo aver ascoltato entrambe le fazioni 'n guerra, scelse de schierarte con quella ch'in cambio di vittoria t'avrebbe garantita la definitiva annessione de le terre irredenti del Trentino, del Tirolo, de la Venezia Giulia e parte della Dalmazia, che l'impero austro-ungarico giammai volea conceder. Fosti ago della bilancia in Europa e al tavolo di Londra, tanto per confermar nomea de voltafaccia, come 'n sorcio dibattuto tra du' formaggi, faceròltino rosicchiar quello francese, più bòno assai di qualità. È pur vero però che posizion neutrale non si puote mantener per sempre, imperocché come diceva Orazio: “Diventa affar tuo, quando la parete del vicino va a fuoco”.
[11]
Indi sancì definitiva vittoria lo solito ingresso de li americani, a cui 'l progresso tecnologico servì soltanto per giugnere a far guerre più distanti, storicamente inabituati alla pace e smaniosi de potere, annusaron potenziali affari e come sempre di lì in avanti, assunsero ruolo de sceriffo arrogante de lo mondo; come in uno di que' loro futuri film western che po' si vederanno, ove Jack Palace armato de rivoltella getta l'altra pistola a' piedi de lo pastor de capre, intimandoglie de raccattalla con far da bullo, mentre l'altro impaurito et innocente tentenna. E quando questi non sapendo com'uscirne fa per chinasse contro su' voglia, lo malo sceriffo 'l fredda et esclama al pubblico: “L'avete visto tutti... aveva una pistola”. Codesto gliè l'atteggiamento de lo Zio Sam, tanto allora com'oggi, esplicato ne la perfetta similitudo de lo comico texano[12] che ben vide avante quando lo figlio de Bush eguagliò 'l padre.




1.   Il Flegetonte è uno dei fiumi che scorrono nell'Ade, l'oltretomba nella mitologia greca. Verrà ripreso da Dante nell'Inferno, collocandolo nel VII cerchio, quello dei violenti contro il prossimo. Nel fiume di sangue bollente infatti sono tuffati più o meno in profondità a seconda della loro colpa i dannati (tiranni fino agli occhi, omicidi fino al collo, predoni fino al petto, ladroni solo con i piedi) e colpiti con frecce dai Centauri.

2.   L'amnistia Togliatti fu un provvedimento di condono delle pene proposto dall'allora ministro di grazia e giustizia Palmiro Togliatti, approvato dal governo italiano nel 1946. L'amnistia comprendeva i reati comuni e politici, compresi quelli di collaborazionismo con il nemico e reati annessi ivi compreso il concorso in omicidio, pene allora punibili fino ad un massimo di cinque anni, i reati commessi al Sud dopo l'8 settembre 1943 e l'inizio dell'occupazione militare Alleata al Centro e al Nord ed aveva efficacia per i reati commessi a tutto il giorno 18 giugno 1946. Fu aspramente criticato dall'associaziosimo partigiano provocando numerose proteste e scioperi. Nel settembre del 1953 il governo Pella approvò un nuovo indulto e l'amnistia proposti dal guardasigilli Antonio Azara per tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno 1948. Furono compresi in questa seconda amnistia i reati commessi nel secondo dopoguerra italiano, arrivando a oltre tre anni dalla fine della guerra.

3.   Rodolfo Graziani (Filettino, 11 agosto 1882 – Roma, 11 gennaio 1955), fu un importantissimo gerarca del fascismo italiano nonché uno dei criminali di guerra più spietati. Operò nella guerre coloniali italiane: nella riconquista della Libia (1921-1931) e durante la Guerra d'Etiopia e nella successiva repressione della guerriglia abissina (1935-1937). Durante la seconda guerra mondiale divenne governatore della Libia ma venne duramente sconfitto dall'esercito britannico (1940-1941) e sostituito. Dopo un periodo di ritiro accettò da Mussolini l'incarico, nella costituenda Repubblica Sociale Italiana, di Ministro della Guerra che mantenne fino al crollo finale del 1945, prendendo parte alla lotta contro la Resistenza italiana. Inserito dall'ONU nella lista dei criminali di guerra (per l'uso di gas tossici, bombardamenti degli ospedali della Croce Rossa e stragi efferate di civili che spacciò per rappresaglie) su richiesta dell'Etiopia, fu processato a Roma e condannato a 19 anni di carcere per collaborazionismo, ma scontati quattro mesi fu scarcerato. Si iscrisse nel 1952 al MSI e morì sempre a Roma divenendo un simbolo dell'estrema destra italiana.

4.   Pietro Badoglio (Grazzano Monferrato, 28 settembre 1871 – Grazzano Badoglio, 1º novembre 1956) fu un gerarca del fascismo italiano, maresciallo d'Italia ed in seguito alla deposizione di Mussolini, Capo del Governo dal 25 luglio 1943 all'8 giugno 1944, firmò l'armistizio di Cassabile. Vicerè d'Etiopia nel 1936, compì numerosi stragi di civili con l'utilizzo dei gas all'iprite e con i bombardamenti sugli ospedali della Croce Rossa, venne per questo inserito nella lista dei criminali di guerra su richiesta dell'Etiopia, senza però essere mai processato. L'Italia infatti riuscì a ottenere dagli alleati il compito di provvedere direttamente al giudizio di tutti i presunti criminali, individuati dalla Commissione ONU ma quando la Commissione d'inchiesta italiana cominciò i lavori (che, peraltro si conclusero con l'archiviazione delle posizioni di tutti gli accusati) il nome di Badoglio non compariva già più in nessun elenco. Rientrato in patria dopo la liberazione, morì nel 1956 per asma cardiaca e i suoi funerali si svolsero con la partecipazione dei rappresentanti del Governo, delle Autorità e con tutti gli onori militari.

5.   Mario Roatta (Modena, 2 gennaio 1887 – Roma, 7 gennaio 1968) fu un generale fascista italiano e criminale di guerra. Nel 1942 in qualità di comandante dell'esercito nella provincia di Lubiana in Jugoslavia fu autore di rappresaglie barbariche, incendi di villaggi, fucilazioni sommarie, internamenti e stragi di ogni tipo, del tutto simili a quelle impartite dai comandati tedeschi. Emanò inoltre ordini espliciti: “Se necessario, non rifuggire da usare crudeltà. Deve essere una pulizia completa. Abbiamo bisogno di internare tutti gli abitanti e mettere le famiglie italiane al loro posto”. Inizialmente arrestato alla fine della guerra, evase il giorno prima del processo in primo grado che lo condannò all'ergastolo per la mancata difesa di Roma e per le attività illegali del SIM, dall'ospedale militare con l'aiuto di complici, raggiungendo prima il Vaticano e poi la Spagna, dove fu protetto dal governo di Francisco Franco. Fu assolto da ogni accusa nel 1949, mentre non fu dato corso all'estradizione richiesta dal governo jugoslavo in quanto poté giovarsi della cosiddetta "amnistia Togliatti" del 1946, e di quella definitiva del 1953 proposta dal guardasigilli Antonio Azara per tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno 1948. Roatta ritornò dalla Spagna solo nel 1966 e morì a Roma il 6 gennaio 1968.
Francesco Giunta (San Piero a Sieve, 21 marzo 1887 – Perugia, 8 giugno 1971) fu segretario nazionale del Partito Fascista dal 13 ottobre del 1923 al 23 aprile del 1924. Autore nel 1920 a Trieste del primo vero atto di squadrismo con l'incendio dell'Hotel Balcan e altre devastazioni che causò diversi morti. Governatore della Dalmazia nel 1943, compì numerose stragi che gli valsero l'accusa da parte della Jugoslavia di essere un criminale di guerra, richiedendone invano all'Italia l'estradizione. Dopo la guerra, ricoprì altre cariche tra le quali quella di Presidente di Roma Film e ricevette inoltre numerosi titoli e onorificenze dal Papa, dal Re e da Capi di Stato stranieri, tra i quali: Nobile dell'Ordine Piano, Conte di Fiume, Cavaliere di Malta. Morì a Perugia nel 1971.
Alessandro Pirzio Biroli (Campobasso, 23 luglio 1877 – Roma, 20 maggio 1962), fu un generale fascista italiano. Dopo aver partecipato come comandante alla guerra d'Etiopia, divenne dal 1941 al 1943 Governatore del Montenegro, dove compì crimini di guerra contro le popolazioni, arrivando perfino ad ordinare che per ogni soldato ucciso venissero fucilate 50 persone. Biroli invitò i suoi uomini ad imitare i feroci metodi tedeschi e mise per iscritto in un opuscolo: “Ammazzate, fucilate, incendiate e distruggete questo popolo”. Per la sua opera ricevette da Adolf Hitler l'onorificenza dell'ordine della Gran Croce dell'Aquila Tedesca con spada come «massimo riconoscimento delle sue splendide qualità militari e organizzative, dimostrate in numerose circostanze durante la guerra d'Abissinia e ultimamente nella campagna di Grecia e del Montenegro». Morì a Roma nel 1962 senza essere mai incriminato, né messo sotto processo.

6.   Guglielmo II di Prussia e Germania, detto più semplicemente Il Kaiser (Berlino, 27 gennaio 1859 – Doorn, 4 giugno 1941) fu il terzo e ultimo imperatore della Germania e l'ultimo re di Prussia. Rimase sul trono con entrambi i titoli dal 1888 al 1918. Decisamente conservatore, convinto sostenitore del militarismo e della tradizione monarchica prussiana, il suo regno fu contraddistinto dal riarmo, soprattutto navale e da una politica estera che portò la Germania ad allontanarsi sempre di più dalle posizioni della Triplice Intesa di Francia, Gran Bretagna e Russia. Guglielmo II abbandonò il sistema bismarckiano e attuò una politica estera contraddittoria accompagnata da iniziative personali. Per l’appoggio dato all’Austria nella sua politica nei Balcani e per l'assenso dato all'apertura delle ostilità della Germania contro la Russia nel 1914, è considerato fra i principali responsabili dello scoppio della prima guerra mondiale. Dopo la sconfitta fu costretto a vivere in esilio in Olanda.

7.   Otto Eduard Leopold von Bismarck-Schönhausen (Schönhausen, 1º aprile 1815 – Friedrichsruh, 30 luglio 1898) è stato un politico tedesco. Fu Primo ministro della Prussia dal 1862 al 1890. Nel 1867 divenne il capo del governo della Confederazione Tedesca del Nord. Nel 1871 fu l'artefice della nascita dell'Impero tedesco, divenendone il primo Cancelliere. Benché promotore di riforme in campo assistenziale, fu avversario dei socialisti. In politica estera, dopo il 1878 creò un sistema di alleanze che, determinando un equilibrio di forze in Europa, riuscì a isolare la Francia e a contenere le dispute fra Austria e Russia, e fra Austria e Italia. Bismarck portò inoltre la Germania a primeggiare con la Gran Bretagna in campo economico e a divenire la prima potenza militare del continente. Fu anche detto "il Cancelliere di Ferro".

8.   Francesco Ferdinando Carlo Luigi Giuseppe d'Austria Este (Graz, 18 dicembre 1863 – Sarajevo, 28 giugno 1914) , fu arciduca della dinastia degli Asburgo in Austria ed erede al trono austro-ungarico. Il suo assassinio da parte di Gavrilo Princip (membro dell'organizzazione politico-rivoluzionaria Giovane Bosnia) il 28 giugno 1914 a Sarajevo, città della Bosnia ed Erzegovina annessa all'Austria, avvenuto assieme alla moglie Sofia duchessa di Hohenberg è considerato la causa scatenante della dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia e quindi come causa principale dello scoppio della prima guerra mondiale.

9.   Viene qui accostato all'attentato di Sarajevo del 1914 di Gavrilo Princip sul futuro regnante Francesco Ferdinando, il regicidio di Umberto I di Savoia Re d'italia, avvenuto a Monza 14 anni prima, il 19 giugno del 1900 per mano dell'anarchico Gaetano Bresci, il quale fu poi condannato all'ergastolo nel carcere di Santo Stefano ove trovò la morte l'anno seguente in circostante mai chiarite, appeso per il collo mediante un lenzuolo. Umberto I di Savoia, sebbene soprannominato Re Buono per l'impegno che profuse nei soccorsi contro l'epidemia di colera a Napoli, fu aspramente avversato per il suo duro conservatorismo, il suo indiretto coinvolgimento nello scandalo della Banca Romana, l'avallo alle repressioni dei moti popolari del 1898 e l'onorificenza concessa al generale Fiorenzo Bava Beccaris per la sanguinosa azione di soffocamento delle manifestazioni del maggio dello stesso anno a Milano, azioni e condotte politiche che gli costarono altri due attentati da parte di anarchici prima di quello fatale. Il primo di Giovanni Passannante nel 1878 e il secondo di Pietro Acciarito nel 1897, entrambi poi morti in carcere dopo una prigionia spietata che li portò alla follia.

10.   Trilussa, pseudonimo anagrammatico di Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri (Roma, 26 ottobre 1871 – Roma, 21 dicembre 1950) fu il più celebre poeta in dialetto romanesco assieme a Giochino Belli, del quale si può considerare l'erede. Si fa qui riferimento alla famosa poesia del 1914 intitolata “La ninna nanna de la guerra”, versi 11-14 lievemente rivisitati.

11.   Quinto Orazio Flacco (Venosa, 8 dicembre 65 a.C. – Roma, 27 novembre 8 a.C.) è stato un poeta romano. Considerato uno dei maggiori poeti dell'età antica, nonché maestro di eleganza stilistica e dotato di inusuale ironia, seppe affrontare le vicissitudini politiche e civili del suo tempo da placido epicureo amante dei piaceri della vita, dettando quelli che per molti sono ancora i canoni dell'ars vivendi. La frase in questione è tratta dalle Epistole (I,18, 84) ed è la traduzione in italiano dell'originale latina: “Nam tua res agitur, paries quum proximus ardet”.

12.   Bill Hicks (Valdosta, 16 dicembre 1961 – Little Rock, 26 febbraio 1994) è stato uno dei più grandi comici statunitensi. Il paragone in questione, che vede la politica estera americana accostata all'atteggiamento prepotente del pistolero del film “Il cavaliere della valle solitaria” interpretato da Jack Palace, è tratto dallo spettacolo “Revelation” del 1993, dove Hicks accusa ferocemente gli Stati Uniti di armare il mondo per poi mandare truppe a distruggere quegli stessi popoli da loro armati, con un atteggiamento che il satiro definì “da bulli del mondo.


martedì 26 maggio 2015

"Discorso sopra l'Italia, patria mai nata" - Capitolo XII


DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi


- Capitolo XII -


Et ora, lo partito d'esti bifolchi sanza lume, per coglier voti pure da' “terroni”, cambia 'l nimico e per tornar a lo discorso nostro, puntan 'l dito contro l'immigrato. Sanza aver a mente che lor predecessori furon tali e quali a queli negri ch'adesso vegnon per lo nostro Stato (negri di molto bòni agli sputazzi e a le banane, ma assai migliori per raccoglier pomidori a poche lire) quando ne lo nòvo mondo miser piedi, considerati come sorci infetti, da queli americani anch'essi smemorati, che tutto è uno gran circolo vizioso de gente che se scorda del passato.
Eppuro a cavallo de li secoli diciotto e diciannove, “diaspora italiana” prese nome e fu la migrazione impressionante de italiani verso l'Americhe e più de tutti l'altri a far fagotto fu proprio 'l settentrione. Di là dell'oceano de Colombo, spulciati come bestie, ognun dovette fasse largo co' propri bracci, tra lo razzismo de li bianchi 'ncappucciati che vedean l'italiano tale al negro, perché con esso faticava al fianco, sanza guardar tintura de la carne. E come tanti altri fece mucchio e più de altri assai prevalea d'ingegno, per questo s'attirò l'odio de molti a cui sparì 'l lavoro tra le mani, fottuto da chi quello l'facea meglio. E vi furon morti et stragi et barbariche persecuzioni con gente linciata da le folle, tanto nell'Americhe che ne la vecchia Europa, come a Nuova Orleans ove furon scorticati innocenti siciliani
[1] o alle saline di Peccais ove dettero la morte a' piemontesi[2].
Ma esportaron puro assieme a' maccaroni, Società Onorata de noaltri, gente de coppola e lupara, meglio conosciuta come Mafia. Codesta eccellenza criminale conquistò lo nòvo mondo come un germe, dal di dentro, quartiere per quartiere, Stato dopo Stato, corruppe e sparse sangue e sciolse gente ed è proprio per questo che ogne pregiudizio contien dentro de sé sempre un po' de vero e l'italian assunse brutta nomea al di fòri de' confini nazionali, all'occhi del straniero. Nomea de brutto ceffo, de mafioso, de scaltro e de 'mbroglione, lesto de mano così come de lengua, unto de salsa, di molto rumoroso, sònator de mandolino e mala ghenga, baffo nero, sanza disciplina, magnaspaghetti tutto giorno, caffè bòno de matina, ritardatario etterno, voltagabbana, brillantina, anello al mignolo e madonnina al collo, pizza come a Napoli la fanno e de la mamma cocco bello.
Con tutto che di stereotipo se tratta, volendo pur ammetter certi vizi, v'è sempre in ogne regola eccezione. Però li peggior vizi han sempre avuto lo sopravvento su le cose belle, specialmente in tempi tristi, de miseria, ove gruppi de poracci se fan la guerra tra de loro in guisa de scansar le altre etnie per poi spartirse 'l poco che rimane.
Dicerolti Italia mia di molto breve, alla maniera tacitiana: i figli tua, nel mal come nel bene, pel mondo han sempre fatto cose grandi e cose da gran figli di puttana.
Giustappunto tra quest'ultime verbigrazia, s'annovera lo squallido colonialismo, portato avanti vergognosamente tanto dalla Sinistra storica di Depretis e Crispi quanto dalla Destra di Giolitti
[3] inaugurando per altro, l'inizio de' numerosi voltafaccia che te videro schierata prima nella Triplice Alleanza al fianco de' tedeschi e dell'impero austro-ungarico e po' nella Triplice Intesa co' francesi, russi e inglesi[4]. E tutto codesto valzer d'abiure per appropiasse de' terre d'Africa: Eritrea, Somalia e seguitamente Libia e l'isole dell'Egeo, ove furon sterminati e sottomessi popoli et espropriate lor le ricchezze ne' modi più vigliacchi, come avaccio tempo dopo fece 'l pallon gonfiato de Predappio[5] che volea ridar luce all'impero e che se fece “onore” co' gas asfissianti e l'iprite, che dal cielo venìa annaffiato continuamente affinché la nebbia permanesse, sopra vasti territori, di modo che bestie e piante e donne e infanti et uomini, sotto codesta pioggia mortale rimanessero sanza vita. E po' saccheggi e stupri e bombe e marce de la morte e fucilazioni e atrocità indicibili d'ogne genere, d'autentica pulizia etnica puro in Grecia e ne' Balcani, ove niun colpevole pagò mai pe' suddetti crimini, che punta differenza ebbero in ferocia rispetto a quei nazisti, ma anzi tali diavoli sedettero più 'n là su scranni del Parlamento nòvo, come antichi democratici ateniesi. 



1.   Nel linciaggio di New Orleans avvenuto il 14 marzo 1891 persero la vita 9 italiani, tutti siciliani, dopo essere stati assolti dall'accusa di aver ucciso il capo della polizia urbana, una folla rabbiosa di quasi 20.000 persone li trascinò fuori dalla prigione senza trovare resistenze e li uccise a bastonate. Viene considerato come uno dei più grossi linciaggi di massa della storia degli USA.

2.   Il massacro di Aigues-Mortes, nell'agosto del 1893, fu scatenato da un conflitto tra operai francesi e italiani (soprattutto piemontesi, ma anche lombardi) impiegati nelle saline di Peccais, che si trasformò in un vero e proprio eccidio con nove morti e un centinaio di feriti tra i lavoratori italiani. La tensione che ne seguì fece quasi sfiorare la guerra tra i due Paesi.

3.   La “Sinistra storica” è stata uno schieramento politico dell'Italia post-risorgimentale, la cui epoca va dal 1876, anno della "rivoluzione parlamentare" che portò alla caduta della Destra storica, sino alla "crisi di fine secolo" (1896), che sfociò nell'età giolittiana. Agostino Depretis (Mezzana Corti Bottarone, 31 gennaio 1813 – Stradella, 29 luglio 1887) fu un politico italiano, nove volte presidente del consiglio, nonché il primo a capo di un governo solo della Sinistra Storica. Nel 1876 guidò il primo governo della storia d'Italia formato da soli politici di Sinistra. Tale esecutivo varò la riforma scolastica istituendo l'istruzione obbligatoria, laica e gratuita per i bambini dai 6 ai 9 anni. Benché filofrancese, per rompere l'isolamento dell'Italia, nel 1882 accettò la Triplice alleanza con Austria e Germania. Fu il fautore del trasformismo, un progetto che prevedeva il coinvolgimento di tutti i deputati che volessero appoggiare un governo progressista a prescindere dagli schieramenti politici tradizionali. I governi "trasformisti" così costituiti eliminarono definitivamente la tassa sul macinato, introdussero le tariffe doganali favorendo l'industria (soprattutto settentrionale) e vararono l'espansionismo italiano in Africa. Il trasformismo, tuttavia, ridusse il potere di controllo del parlamento e favorì eccessi nelle spese statali. Antagonista di Depretis all'interno del partito fu Francesco Crispi (Ribera, 4 ottobre 1818 – Napoli, 11 agosto 1901), figura di spicco del Risorgimento, fu uno degli organizzatori della Rivoluzione siciliana del 1848 e fu l'ideatore e il massimo sostenitore della spedizione dei Mille, alla quale partecipò. Inizialmente mazziniano, si convertì agli ideali monarchici nel 1864. Anticlericale e ostile al Vaticano, dopo l’unità d’Italia fu quattro volte presidente del Consiglio e i suoi governi si distinsero per importanti riforme sociali (come il codice Zanardelli che abolì la pena di morte e introdusse il diritto di sciopero) ma anche per la guerra agli anarchici e ai socialisti, i cui moti dei Fasci siciliani furono repressi con la legge marziale. In campo economico il suo quarto governo migliorò le condizioni del Paese. Crispi sostenne tuttavia una dispendiosa politica coloniale che, dopo alcuni successi in Africa orientale, portò alla disfatta di Adua del 1896. Lo sostituì alla guida del paese il suo avversario politico Giovanni Giolitti (Mondovì, 27 ottobre 1842 – Cavour, 17 luglio 1928), più volte presidente del consiglio, fu uno dei politici liberali più efficacemente impegnati nell'estensione della base democratica del giovane Stato unitario, e nella modernizzazione economica, industriale e politico-culturale della società italiana a cavallo fra Ottocento e Novecento. Dopo un iniziale voto di fiducia, nel 1922, al nuovo governo fascista, dal 1924 si tenne all'opposizione di Benito Mussolini.

4.   La Triplice alleanza fu un patto militare difensivo stipulato il 20 maggio 1882 a Vienna dagli imperi di Germania e Austria (che già formavano la Duplice Alleanza) e dal Regno d'Italia. Inizialmente fu voluta principalmente dall'Italia desiderosa di rompere il suo isolamento dopo l'occupazione francese della Tunisia alla quale anche lei aspirava. Successivamente, con il mutarsi della situazione in Europa, l'alleanza fu sostenuta soprattutto dalla Germania desiderosa di paralizzare la politica della Francia. Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, l'Italia, dopo un lungo percorso di avvicinamento e di accordi con la Francia, con la Gran Bretagna e con la Russia, in forza dell'articolo 4 del trattato, dichiarò la sua neutralità. Nel 1915 la Triplice intesa (sorta nel 1907 da un accordo fra l'Impero britannico, quello russo e la Repubblica francese) propose all'Italia, in cambio della sua entrata in guerra contro l'Austria, ampliamenti territoriali a scapito di Vienna e una posizione di dominio nell'Adriatico. Lo stesso anno l'Italia rifiutò le inferiori proposte dei governi di Vienna e Berlino, denunciò la Triplice alleanza ed entrò nel conflitto contro l'Austria.

5.   Predappio, all'epoca nominato Dovia di Predappio, fu il paese natale di Mussolini che vi nacque il 29 luglio 1883.