martedì 10 febbraio 2015

"Il dannato della settimana" - Matteo Renzi

[Codesta nòva rubrica dantesca a cadenza bisettimanale, tratterà de li dannati odierni che lo sottoscritto de volta in volta manderà a giudizio, gittandoli giù vòlti ne l'inferni. A ognun sarà assegnato il su' girone su quel già disegnati dal Poeta, ognuno avrà la giusta punizione, in quanto sono io che la decreta. Confido che lo sommo fiorentino non abbia a prender mal codesta scelta, imperocché gli aggiorno un pochinino le bolge che lasciò troppo a la svelta. Quivi troveremo nòvi mostri, a noi spiacenti e a noi contemporanei, beato te Alighier che non l'hai visti o allora si ch'avresti avuto giron pieni. Qui i dannati niuno li condanna, qui di pien ci s'ha solo i coglioni. 
Chiama Minosse, fammi 'sto favore, diglie che gli mando nòvi nomi.]



Canto I - L'ebetino de Fiorenza




Di dentro de la selva e poco dopo
passata la 'nsegna de lo inferno
chiamai a seguire me in codesto loco

chi un tempo fu guidato da Virgilio.
"O Sommo che dimori nel tu' scritto"
diss'io chiamando l'esule del Giglio

"venuto son quest'oggi al tu' cospetto
per farte aggiornamento de dannati,
del secolo ventuno maledetto".

El Duca mio: "Di nòvi ne son nati?
Credevo che di meglio avremmo avuto!"
e presigli lo braccio incamminati

andammo per lo primo ch'è venuto.
"Codesto, Dante mio, non ha girone
che pure il tu' Minosse chiese aiuto,

sicché decise porlo a turnazione
da un cerchio all'altro, dati li peccati
più vari ch'egli avea sul su' groppone".

Giugnemmo allora in mezzo agli affebbrati
de bolgia dieci indove pel momento,
scontava la su' pena fra i dannati

codesto fregno col su' doppio mento.
E 'l Savio mio ch'andava lì con meco
face uno passo indietro per spavento,

"Siffatta pappagorgia è tutto ego!"
diss'io puntando 'l dito a quell'insano
"tu vienci retro a me, io te ne priego,

che questo Poeta mio, è tu' compaesano!".
"Lo vero?" esclamò lui "e da donde sbuca?" 
"Da uno paesin sull'Arno, che è Rignano".

"N'aveo già messi assai in codesta buca
de nati in terra putta de toscana,
già pria che fossi qui" me disse 'l Duca.

"Però come 'sto figlio de puttana"
fec'io "scommetto mai t'è capitato,
è figlio di Democrazia Cristiana

et ora presidente de lo Stato!".
"Pigliammi per il culo?" disse 'l Sommo
"codesto sgorbio qua vi fa da capo?".

"Sicuro! Gli italiani come stormo
agnedero nel seggio assai felici
perché costui gl'avea attaccato 'l morbo

che se potea magnà co' 80 spicci."
Lo Dotto se schiantò la mano 'n fronte: 
"Lo popolo italiano fa capricci

ma 'nfondo è sempre uguale a quello avante,
che da 'l potere a chi promette meglio,
che prima para 'l culo e po' se pente".

"Codesto presidente del consiglio
che ora manda fumo per le febbri,
vendette fumo e s'accordo con Silvio

colui che imparentò l'egizio a Rubby."
"Chi osa nominar lo Nazzareno?"
parlò lo tronfio a noi, scansànci dubbi

 che boria qui fosse venuta meno.
"Lo sposo tuo sta 'n mezzo a' lussuriosi"
risposi "e bada, tien la lengua a freno!"

Ancor glie pesa 'l capo per gli sforzi
del piombo retto ne la bolgia sesta,
di dove son gli ipocriti più stronzi.

"È giovine, fece carriera lesta!"
disse 'l Maestro a me guardandol bene.
"Rubò 'l primato a quel primo fascista

salendo poco pria di lui al potere.
Ma avante" aggiunsi ancor "fischiava 'n campo
li falli, e provò a farlo de mestiere

ma avea trippa pesante e sempre crampo,
perciò decise abbandonar fischietto
per nòvi giochi 'n mezzo al verde manto.

Così giurò, parola de lupetto
e infatti quella tale gli è rimasta
così come gli usciva nel boschetto.

E pria di fecer parte de la casta
comprò vocale al gioco de la ròta
e dato che fortuna gli ci casca

di certo non tornò con tasca vòta".
"Codesta me la chiami tu gavetta?"
parlommi quasi 'ncredulo 'l Poeta

"codesta a me del cul face trombetta!".
Lo bullo che seguia discorsi nostri,
ce disse: "Si, però te scordi Letta!

Dimentichi che rottamai ministri
e primo cittadino fui a Fiorenza!
Perché al Maestro tuo lo nascondesti?"

Lo Saggio occhi de fòri e fiato senza
se mise coron d'allor sopra a lo ventre
"In questi settecent'anni d'assenza"

me disse "un mi so perso proprio niente!"


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