Chiama Minosse, fammi 'sto favore, diglie che gli mando nòvi nomi.]
Canto I - L'ebetino de Fiorenza
Di dentro de la selva e poco dopo
passata la 'nsegna de lo inferno
chiamai a seguire me in codesto loco
chiamai a seguire me in codesto loco
chi un tempo fu guidato da Virgilio.
"O Sommo che dimori nel tu' scritto"
diss'io chiamando l'esule del Giglio
"venuto son quest'oggi al tu' cospetto
per farte aggiornamento de dannati,
del secolo ventuno maledetto".
El Duca mio: "Di nòvi ne son nati?
Credevo che di meglio avremmo avuto!"
e presigli lo braccio incamminati
andammo per lo primo ch'è venuto.
"Codesto, Dante mio, non ha girone
che pure il tu' Minosse chiese aiuto,
sicché decise porlo a turnazione
da un cerchio all'altro, dati li peccati
più vari ch'egli avea sul su' groppone".
Giugnemmo allora in mezzo agli affebbrati
de bolgia dieci indove pel momento,
scontava la su' pena fra i dannati
codesto fregno col su' doppio mento.
E 'l Savio mio ch'andava lì con meco
face uno passo indietro per spavento,
"Siffatta pappagorgia è tutto ego!"
diss'io puntando 'l dito a quell'insano
"tu vienci retro a me, io te ne priego,
che questo Poeta mio, è tu' compaesano!".
"Lo vero?" esclamò lui "e da donde sbuca?"
"Da uno paesin sull'Arno, che è Rignano".
"N'aveo già messi assai in codesta buca
de nati in terra putta de toscana,
già pria che fossi qui" me disse 'l Duca.
"Però come 'sto figlio de puttana"
fec'io "scommetto mai t'è capitato,
è figlio di Democrazia Cristiana
et ora presidente de lo Stato!".
"Pigliammi per il culo?" disse 'l Sommo
"codesto sgorbio qua vi fa da capo?".
"Sicuro! Gli italiani come stormo
agnedero nel seggio assai felici
perché costui gl'avea attaccato 'l morbo
che se potea magnà co' 80 spicci."
Lo Dotto se schiantò la mano 'n fronte:
"Lo popolo italiano fa capricci
ma 'nfondo è sempre uguale a quello avante,
ma 'nfondo è sempre uguale a quello avante,
che da 'l potere a chi promette meglio,
che prima para 'l culo e po' se pente".
"Codesto presidente del consiglio
che ora manda fumo per le febbri,
vendette fumo e s'accordo con Silvio
colui che imparentò l'egizio a Rubby."
"Chi osa nominar lo Nazzareno?"
parlò lo tronfio a noi, scansànci dubbi
che boria qui fosse venuta meno.
"Lo sposo tuo sta 'n mezzo a' lussuriosi"
risposi "e bada, tien la lengua a freno!"
Ancor glie pesa 'l capo per gli sforzi
del piombo retto ne la bolgia sesta,
di dove son gli ipocriti più stronzi.
"È giovine, fece carriera lesta!"
disse 'l Maestro a me guardandol bene.
"Rubò 'l primato a quel primo fascista
salendo poco pria di lui al potere.
Ma avante" aggiunsi ancor "fischiava 'n campo
li falli, e provò a farlo de mestiere
ma avea trippa pesante e sempre crampo,
perciò decise abbandonar fischietto
per nòvi giochi 'n mezzo al verde manto.
Così giurò, parola de lupetto
e infatti quella tale gli è rimasta
così come gli usciva nel boschetto.
E pria di fecer parte de la casta
comprò vocale al gioco de la ròta
e dato che fortuna gli ci casca
di certo non tornò con tasca vòta".
"Codesta me la chiami tu gavetta?"
parlommi quasi 'ncredulo 'l Poeta
"codesta a me del cul face trombetta!".
Lo bullo che seguia discorsi nostri,
ce disse: "Si, però te scordi Letta!
Dimentichi che rottamai ministri
e primo cittadino fui a Fiorenza!
Perché al Maestro tuo lo nascondesti?"
Lo Saggio occhi de fòri e fiato senza
se mise coron d'allor sopra a lo ventre
"In questi settecent'anni d'assenza"
me disse "un mi so perso proprio niente!"
Lo bullo che seguia discorsi nostri,
ce disse: "Si, però te scordi Letta!
Dimentichi che rottamai ministri
e primo cittadino fui a Fiorenza!
Perché al Maestro tuo lo nascondesti?"
Lo Saggio occhi de fòri e fiato senza
se mise coron d'allor sopra a lo ventre
"In questi settecent'anni d'assenza"
me disse "un mi so perso proprio niente!"
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