DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi
- Capitolo IV -
E Tu? Tu non sei forse la più sola fra tutti noi? Abbandonata da' tuoi figli italianissimi di nascita ma forestieri nell'animo, guarda come t'hanno addobbata!
Guarda come vesti di metropoli straniera, con quei graffiti preistorici spruzzati da odierni Neanderthal, annerita e devastata e coperta di scorie, concimata d'inceneritori e bucata da trivelle e imbottita nei sotterranei di testate nucleari americane, bar americani, "ristoranti" americani e bevande e film e vestiti e mode e parole, parole, parole e morali e costumi americani. Guarda come grondi di catrame, come annaspi sotto a strade di cartapesta e soffochi di diserbanti nelle valli, guarda le tu' coste trafitte da raffinerie e depuratori e scarichi fognari, guarda i campi ammantati di cemento, la terra zeppa di fabbriche 'nsensate, 'l corpo tuo scrivacciato in longo e in largo da ròte de gomma et impoverito da' tuo' stessi figli. Guarda Italia mia, li tuoi pidocchiosi e riluttanti figli che t'han venduta a' soliti padroni esteri. Sempre la stessa storia che si ripete, come quando per tre secoli spartita da francesi e spagnoli e austriaci venivi apparecchiata come tavola imbandita da italiani impotenti e vigliacchi sempre assoggettati a un nòvo tiranno. Mentre la Chiesa intenta a perseguitar lo progresso e la conoscenza li ammansiva, terrificandoli con l'invenzione d'un Dio vendicativo, imprigionandoli nella paura, nell'ignoranza e sprofondandoli nella superstizione. Ella ha fatto degl'italiani tanti docili agnellini pronti a farse sgozzare da chicchessia e per qualsiasi sciocchezza. Eppure almeno allora scoppiavano rivolte. Popolari e cruente. E gli eroi e li martiri arsi nelle pubbliche piazze con le loro urla strazianti tra le fiamme, scòtevano le coscienze et eran d'esempio per molti secoli a venire.
Ve ne sono stati di figli tuoi che non hanno chinato la testa e che per questo l'han perduta, per un'idea matta di libertà e per l'indipendenza della terra tua. Guarda Cola di Rienzo[1], che tentò di liberar Roma dal giogo de' papi e de' baroni e che fu portato alla follia et infine incenerito da l'istesso popolo che aveva a còre, lui che per bontà d'animo affinché quela massa analfabeta comprendesse la propria rovina, gliela mostrava con degli enormi affreschi 'n cima al Campidoglio. Eppure non bastò, povero pazzo.
E Masaniello[2] Italia mia, vittima de la stessa sorte, pescivendolo e contrabbandiere divenuto generalissimo de lo popolo suo che fece insorgere contro la Spagna Asburgica, in quella tua terra che più d'ogne altra risplende de ricchezze e a cui hai regalato sanza badare a spese la bellezza de' profumi e de' paesaggi come a nessun'altra. Napoli... ricordi 'l vecchio detto che da 'l permesso al forestiero de morir felicemente solo dopo averla vista? Oggi dolce Italia, “vedi Napoli e poi muori”, ma di disperazione lo faresti. Ridotta in quello stato dallo Stato stesso che dalla conquista sabauda non smette di dilaniarla un solo giorno. E tutto attorno prosciugata industrialmente, mentre 'l Vesuvio simbolicamente tace, la terra arde di fuochi tossici e nuvole di camorra. A ben vedere lo vecchio pescivendolo se rivoltò per molto meno.
E Giordano Bruno[3] che venia anch'esso da quella terra? L'eretico ch'aprì la strada alla rivoluzione scientifica 'n seguito attuata dal genio de colui che vide sotto l'etereo padiglion rotarsi più Mondi e il sole irradiarli immoto[4]; rifiutando di trincerarsi ottusamente dietro ai dogmi ignoranti de la Chiesa. Egli non tremò davanti alla sentenza dell'Inquisizione et oggi al centro de la piazza a Campo De' Fiori in cui esalò l'ultimo respiro, la statua sua rivolta verso 'l Vaticano ha la testa china e lo sguardo ammonitore. Ve ne sono stati di martiri eppur di sangue 'l suolo tuo non s'è mai saziato.
Così oggi altri barbari saccheggiano ma a norma di legge, tutelati da lo Stato Repubblicano e con il beneplacido de' tuo' figli peggiori, che niuna rivolta scatenano nella massa ma che anzi da questa vegnono eletti e rieletti e appoggiati e ignorati, fin tanto che le televisioni seguiteranno a sònare la Lira come nel mito di Nerone, per distrarli dall'incendio, per indottrinarli di note mentre Roma brucia.
1. Cola di Rienzo al
secolo Nicola di Lorenzo Gabrini
(Roma, 1313 – Roma, 8 ottobre 1354) è stato un tribuno e studioso
italiano, noto perché nel Tardo medioevo, tentò di restaurare il
comune nella città di Roma straziata dai conflitti tra papi e
baroni. Di umili natali, divenne, grazie a intenso studio, notaio ed
esperto di antichità romane. Convinto assertore del primato politico
e culturale di Roma, si impegnò a ripristinare l'antica grandezza.
Inviato come ambasciatore presso Clemente VI ad Avignone (1343), lo
invitò a rientrare a Roma per instaurarvi la repubblica. Ottenuto il
favore del papa, l'appoggio di comuni e signori di Lazio, Umbria e
Toscana, nonché di Francesco Petrarca, sollevò il popolo capitolino
contro i nobili e si fece proclamare tribuno (maggio 1347) e
liberatore della città (agosto 1347). Abbandonato dal popolo,
impaurito dagli interventi armati della nobiltà e del papa a causa
della sua intransigenza verso i diritti ecclesiastici e nobiliari,
che colpì Clemente VI e lo stesso imperatore Carlo IV, fu arrestato,
ma riuscì a fuggire. Rifugiatosi tra gli eremiti della Maiella,
s'imbevve di profetismo escatologico e con nuovi programmi imperiali
si recò a Praga (luglio 1350) per esporli a Carlo IV. Arrestato come
sospetto d'eresia fu tradotto ad Avignone e quindi liberato per
intercessione di Carlo IV e del Petrarca, suo ammiratore. Dal nuovo
papa, Innocenzo VI, fu inviato allora in Italia, perché con la sua
influenza appoggiasse il restauratore dello stato pontificio, Egidio
Albornoz. Nominato senatore, entrò a Roma come trionfatore il 1º
agosto 1354. Ma errori da lui commessi, per un'esaltazione che parve
follia, di nuovo gli alienarono la popolarità e cadde ucciso in un
tumulto. La sua breve esperienza fu uno dei tentativi per realizzare
l'idea di un Impero che avesse nel popolo
inteso come nazione il suo centro, e di una Chiesa
realizzatrice di valori più spirituali.
2.
Tommaso
Aniello d'Amalfi meglio conosciuto come Masaniello
(Napoli, 29 giugno 1620 – Napoli, 16 luglio 1647)
fu il principale protagonista della rivolta napoletana che vide, dal
7 al 16 luglio 1647, la popolazione civile della città insorgere
contro la pressione fiscale imposta dal governo vicereale spagnolo.
Dopo dieci giorni di rivolta che costrinsero gli spagnoli ad
accettare le rivendicazioni popolari, a causa di un comportamento
sempre più dispotico e stravagante, Masaniello fu accusato di
pazzia, tradito da una parte degli stessi rivoltosi ed assassinato.
3. Giordano
Bruno, nato Filippo Bruno
(Nola, 1548 – Roma, 17 febbraio 1600) è stato un filosofo,
scrittore e frate domenicano italiano. Il suo pensiero, inquadrabile
nel naturalismo rinascimentale, lo portò a concepire un Dio da un
lato trascendente, in quanto supera ineffabilmente la natura, ma
nello stesso tempo immanente, in quanto anima del mondo: in questo
senso, Dio e Natura sono un'unica realtà da amare alla follia, in
un'inscindibile unità panenteistica di pensiero e materia, in cui
dall'infinità di Dio si evince l'infinità del cosmo e quindi la
pluralità dei mondi. Per queste argomentazioni e per le sue
convinzioni sulla Sacra Scrittura, sulla Trinità e sul
Cristianesimo, Giordano Bruno fu incarcerato, giudicato eretico e
quindi condannato al rogo dall'Inquisizione della Chiesa cattolica.
Fu arso vivo a piazza Campo de' Fiori nell'anno 1600.
4.
Ugo Foscolo, Dei Sepolcri, versi
160-162 in cui il poeta fa riferimento a Galileo Galilei.
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