DISCORSO SOPRA L'ITALIA, PATRIA MAI NATA
di
Michele Filipponi
- Capitolo V -
Oggi, nell'anno 2015 di nostro Signore, codesti nòvi barbari nomati “Capitalisti”, sanza patria e sanza leggi, son gli odierni Cesari, li nòvi imperatori del mondo, che a differenza de li vecchi non aman la gloria e la venerazione delle masse ma preferiscono agir nell'ombra e nell'anonimato della storia. Così da la cima massima della piramide loro, tendono 'l grande occhio e decretano: la vita o la morte, la miseria o il benessere, il progresso o l'ignoranza e invadono, sterminano, desertificano o coprono d'oro a seconda de' propri interessi o gusti. E comprano buon dio, o meglio “si aggiudicano”, anche te Italia mia... te e le tue aziende, la tua sanità, l'acqua, i musei, le tu' piazze, i tuoi monumenti, i trasporti, l'immondizia, le telecomunicazioni, la moneta, le isole e le città intere, finché non saremo altro che una squallida colonia e un enorme parco giochi in cui codesti nòvi padroni passeranno le vacanze. Oh, patria mia, misero mondo... s’i’ fossi ‘mperator, sa’ che farei?
A tutti mozzarei lo capo a tondo![1]
Eppur è questa la trista realtà de' miei contemporanei, lo nostro presente.
Che par impossibile da sovvertire e ch'affonda le proprie radici nei moti europei ottocenteschi, ove si decisero i destini delle nazioni e dei popoli e dove si scrisse la storia moderna d'occidente. Ricordi l'Alfieri? “Perché un giorno tu indubitabilmente risorgerai, virtuosa, magnanina, libera ed una!”[2] Risorgere Italia mia, termine biblico, verbo supremo de' le genti oppresse. Risorgere, da le ceneri de lo più grande imperio. Eccolo oh dunque lo tuo “Risorgimento”, tanto agognato da lo Sommo Poeta e messo in piedi da uno suo dottissimo ammiratore genovese, che ben descrisse Metternich pria di morire, di lui dicendo: “Ebbi a lottare col più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a metter d'accordo tra loro imperatori, re e papi. Ma nessuno mi dette maggiori fastidi d'un brigante italiano: magro, pallido, cencioso; ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, infaticabile come un innamorato, il quale ha nome: Giuseppe Mazzini.”[3]
1. Cecco Angiolieri, dal celebre sonetto “S'i'
fosse fuoco”, versi 7-8
2.
Vittorio Alfieri (Asti, 16 gennaio 1749 –
Firenze, 8 ottobre 1803) è stato un drammaturgo, poeta, scrittore e
attore teatrale italiano. Di nobili origini piemontesi, fu autore di
numerose raccolte di versi e di 19 tragedie che fecero di lui un
precursore delle inquietudini romantiche. Scrittore di alti ideali, i
suoi sentimenti di libertà e d'indipendenza, l'esaltazione della
personalità, la certezza della risurrezione della nazione italiana
espressi nella sua opera, lo portarono, precorrendo le istanze
politiche e morali, ad essere uno dei più efficaci educatori delle
generazioni del Risorgimento. La frase in questione è tratta da Il
Misogallo, opera satirica del 1799, Prosa prima.
3.
Klemens von
Metternich (Coblenza, 15 maggio 1773 – Vienna, 11 giugno
1859) è stato un diplomatico e politico austriaco, dal 1821
cancelliere di Stato, nonché conte e dal 1813, principe di
Metternich-Winneburg. Fu uno dei maggiori protagonisti della
Restaurazione, l’epoca durante la quale le grandi potenze europee
cercarono di cancellare i grandi mutamenti frutto della Rivoluzione
francese e dell’impero di Napoleone. Sulla valutazione del suo
operato ha influito negativamente il giudizio delle opposizioni
liberali e nazionali, soprattutto italiane, della prima metà
dell’Ottocento. Rimase celebre una sua frase: “L'Italia è una
espressione geografica”, pronunciata nel 1847 e riportata l'anno
successivo dal quotidiano napoletano Il Nazionale, nel pieno
dei moti del '48 i liberali italiani si appropriarono polemicamente
di questa interpretazione utilizzandola in chiave patriottica per
risvegliare il sentimento anti-austriaco negli italiani. L'elogio a
Mazzini è invece contenuto nelle Memorie, Ed. Bonacci, 1991.
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