venerdì 22 aprile 2016

INDAGINE IN 7 ATTI SUL PECCATO ORIGINALE IN LINGUA ORIGINALE - Atto primo


"INDAGINE IN 7 ATTI SUL PECCATO ORIGINALE 
IN LINGUA ORIGINALE"
di
Michele Filipponi


-Atto primo-



L'inganno, il frutto e la trasformazione

L'ebraico antico, quello biblico, è una lingua povera e ricca al tempo stesso. Povera per la scarsa quantità di vocaboli che possiede, ma ricchissima per i vari significati che quegli stessi vocaboli possono assumere a seconda del contesto. Qui sta la sua bellezza e la sua maledizione, che la rende per questo una delle lingue più mal tradotte del mondo. La storia del peccato originale ad esempio ha dato seguito a centinaia di interpretazioni causate da traduzioni diverse. Eva (In ebraico “Chawah – חַוָּה", nome derivante dal verbo “Chayah – vivere”, ossia "colei che dà la vita") è stata appena creata attraverso Adamo (l'ebraico ha “'ish” per l'uomo e “'ishah” per la donna, dunque quest'ultima è una desinenza femminile della parola “uomo – 'ish”, come se Eva fosse “uoma”. Segno dell'unità inscindibile della coppia), dunque dicevamo Adamo ed Eva sono appena stati creati, entrambi sono nudi e non provano vergogna. Questo passaggio, come vedremo più avanti, è importantissimo perché sottolinea una cosa che a molti sfugge e cioè lo stato animalesco dei due protagonisti. A questo punto entra in scena il serpente, “il più astuto di tutti gli animali che Dio aveva fatto”, per convincere Eva a mangiare dall'albero del bene e del male che Dio aveva posto al centro del giardino, ammonendo le sue due creature che se ne avessero mangiato sarebbero sicuramente morti. Il serpente li inganna con buone argomentazioni, dice: “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”. Da quel momento l'albero appare ad Eva sotto un'altra luce, diventa improvvisamente “buono da mangiare”, “piacevole agli occhi” e “desiderabile per capire”. Nel testo originale c'è scritto proprio “per capire” e non “per acquistare saggezza” come molte traduzioni riportano. La differenza è importante: acquisire saggezza fa presumere che l'uomo disponga già di una conoscenza di base che la consumazione del frutto proibito eleverà in potenza. Ma la parola “saggezza” (in ebraico “chochmah”) non è presente nel testo, e nella nostra lingua come in tutte le altre ha significato di “sapienza che deriva dall'esperienza”. Mentre “capire” è semplicemente “discernere, distinguere”. Questo “capire” fa assumere alla frase un duplice significato che nell'errata traduzione italiana non può emergere e cioè: Eva vuole sia “capire”, nel senso di saper distinguere il bene dal male, sia “capire” se il serpente le ha mentito oppure no. L'albero è “desiderabile per capire” entrambe le cose. Prosegue il racconto: “Prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture”. Ecco la trasformazione, il passaggio dallo stato animalesco a quello umano. Improvvisamente i due “capiscono”, “discernono”. Non diventano saggi come sarà Salomone, ma semplicemente esseri umani dotati di raziocinio. Nessun'altra specie sa di essere nuda. Questa è per l'essere umano la prima intuizione della propria epopea: la sua nudità. Constata un fatto, è nudo e a differenza di prima, ora si vergogna. È il primo sentimento della storia dell'umanità, la vergogna. Un sentimento estraneo al regno animale, esclusivamente umano. La loro presa di coscienza della nudità però è anche un'acquisizione dell'attributo principale del serpente, c'è infatti nella Bibbia una consonanza omofonica tra due parole impossibile da rendere in italiano, si tratta dei termini: “ârûm – astuto” usato per descrivere il serpente e “‘êrûmmim - nudi” usato per descrivere Adamo ed Eva. Ora che appaiono nudi l'uno all'altra si rendono conto che “l'ârûm” si è insidiato fra loro e li ha resi “‘êrûmmim”, simili a lui, inoculandogli il veleno della disobbedienza, quella che fu di Lucifero. Il grande commentatore biblico Rashi spiegò la frase “ed essi conobbero di essere nudi” in questo modo: “Era stato dato loro un comandamento solo, ed essi se ne erano spogliati”.


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